Storia segreta dei templari di Enzo Valentini

Uccidendo i Templari re Filippo non immaginava di regalare loro l’immortalità nel ricordo dei posteri

Un nucleo di cavalieri cristiani a difesa delle strade per Gerusalemme. Pattuglie di scorta a convogli e carovane. Metà fratellanza militare, metà confraternita religiosa. Queste le origini del potente Ordine del Tempio, illustrate dal giornalista storico Enzo Valentini nel volume “Storia segreta dei templari”, 424 pagine 12 euro, per la collana I volti della storia, Newton Compton Editori.

Non quindi i presunti traditori, accusati di eresia dal re di Francia Filippo il Bello, con la complicità della Chiesa, per confiscare l’immenso patrimonio templare, dopo aver perseguitato, arrestato, torturato, bruciato gli appartenenti all’Ordine, dichiarato fuorilegge. E nemmeno gli adepti di culti iniziatici, detentori di conoscenze esoteriche, dei cui segreti il nazismo ha lungamente cercato di impossessarsi. Semplicemente i guerrieri addetti a un servizio di vigilanza armata delle strade maestre dei pellegrini in Terrasanta.

Dopo la conquista sanguinosa del 1099, le truppe occidentali in Palestina erano insufficienti a controllare territori così estesi, infestati da bande di predoni egiziani e briganti musulmani. Alle scorrerie erano esposte soprattutto la pista che collegava la città santa al porto di Giaffa e la Via Maris, parallela alla costa, dall’Egitto alla Siria. Da qui il proposito di alcuni cavalieri franchi, al comando di Hugues de Payns, di organizzarsi in una consorteria militare, animata da una missione che valeva una regola religiosa: garantire la sicurezza contro le imboscate di ladri e aggressori.

Erano nobili dediti alla guerra giusta, teorizzata da Sant’Agostino: non un mezzo di conquiste ma uno strumento per raggiungere la pace. Aristocratici miles Petri, soldati della Chiesa, non umili miles Christi come i frati. I confratelli costituivano una comunità laica, pronunciavano voti di povertà, obbedienza e castità. I beni erano comuni, come gli obiettivi. Monaci-guerrieri: mai esistiti nei secoli precedenti, molto imitati nei successivi.

Nel 1120, re Baldovino li riconobbe come congregazione e concesse come sede il palazzo sulla spianata del tempio di Salomone. Era nato l’Ordine del Tempio.
È netta anche la differenza rispetto ai normali cavalieri. I templari si armano di dentro con la fede e di fuori con il ferro e non con l’oro. Sono armati non ornati. Combattono per la vittoria non per la gloria. Esercitano la giustizia, uccidendo i malvagi nel nome di Dio.

Enzo Valentini, che da trent’anni conduce studi sull’Ordine, lo presenta come una multinazionale del Medioevo. L’afflusso di nobili e cavalieri di ogni nazionalità, la regola di accumulare beni comuni da crescenti donazioni e lasciti, consolidarono un patrimonio ingentissimo, che fece gola a Filippo, oppresso dai debiti, anche nei confronti diretti dell’Ordine.
La caduta fu sanguinosa, favorita da maldicenze, confessioni estorte con la tortura e false testimonianze di ex adepti. In una serie di processi, dagli arresti del 1307 al rogo del Gran Maestro de Molay nel 1314, i templari furono accusati di connivenza coi musulmani, eresia, idolatria, blasfemia, rapporti con donne e contro natura, di rinnegare Cristo, di sputare sulla Croce. Contestazioni pretestuose, favorite dalla leggenda nera di attività occulte, alimentata dalla segretezza di cui l’Ordine stesso si circondava. Più che altro, semplice riservatezza, dietro la quale gli inquisitori avevano buon gioco a voler supporre l’esercizio di pratiche innominabili. Gli stessi riti di iniziazione, che Valentini attribuisce al “nonnismo” tipico di ogni gruppo nei confronti dei nuovi, venivano fatti passare per atti osceni e depravazioni sessuali.

A fare strage di templari, a loro volta scomunicati dal papa e a decretare lo scioglimento del Tempio, provvide la brama del re di Francia di impadronirsi delle ricchezze templari. Non immaginava che perseguitando gli uomini e i valori che stava distruggendo con le menzogne e i fuoco, avrebbe raggiunto il risultato opposto di elevarli a modello nei secoli a venire, sublimandoli dalla storia al mito.