Tutte le donne di di Caterina Bonvicini

Caterina Bonvicini ha una tenuta letteraria strepitosa, non cade mai in insulsi sentimentalismi e lo il suo scrivere è attraversato da una ironia a volte bonaria, spesso graffiante.
Stranamente questo splendido libro “Tutte le donne di” (Garzanti, 2016) ricorda il film francese di François Ozon “Otto donne e un mistero”. La trama è simile.
Qui ci sono le figlie, una bellissima, già ammantata da un allure di buona borghese e l’altra, la diversa, Paoletta, lesbica e obesa, che dopo esperienze lavorative più centrate sulla sua classe sociale, si accontenta di fare la taxista, con molto gusto, in realtà.
L’amante di questo uomo, di nome Vittorio, è più moralista dell’ex consorte Ada, donna risolta e intelligente, che non si stupisce di niente, che sparla di Vittorio con cognizione di causa, causando qualche mal di pancia alla attuale moglie.
Nell’attesa dell’uomo, tra le tre donne si instaura un gioco erotico, si toccano, parlano dei desideri sessuali di Vittorio, fanno le gatte, si strusciano e ridono come pazze scatenate. Chi guarda tutto questo con indulgenza è la novantenne Lucrezia, la madre del seduttore, regina del design, che ha lavorato finché ha potuto.
Nemmeno lei, però, riesce a difendere il figlio fino in fondo, si gode questo gineceo pazzo e un po’ maldestro.
Il finale è spiazzante e ci arriva come una staffilata, perché niente di banale c’è nella scrittura della Bonvicini.
La scrittrice Caterina Bonvicini si diverte a mettere in berlina queste donne borghesi, ricche e “drogate” dalla noia, perché devono sempre avere un uomo per sentirsi complete. Tranne Paoletta, ovviamente.
Come ho già scritto la tessitura letteraria della Bonvicini è solida, ricca di rimandi narrativi e non si capisce perché sia rimasta un passo indietro, rispetto alla sue coetanee, più o meno.
Penso a Michela Murgia, Sandra Petrignani, Lidia Ravera; anzi la Bonvicini sin dall’esordio con Penelope per gioco, non ha niente di meno rispetto alle scrittrici citate.