Un gatto per Natale
- Autore: Elisabetta Rasy
- Genere: Amanti degli animali
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Nottetempo
- Anno di pubblicazione: 2013
Ci sono cose che scopri per caso, accorgendoti poi di quanto questo caso sia stato felice, perché ti ha permesso di conoscere qualcosa di valido e interessante. Ad esempio, la collana “I sassi” della casa editrice Nottetempo: una serie di brevissimi inediti firmati da nomi importanti della letteratura italiana e straniera, che, nella definizione dell’editore, rappresentano “minuscoli inediti, veloci come frecce, precisi come sassi”. Attratta, in questo caso, dal binomio “gatto” e “Natale”, ho acquistato questo libricino di neppure quaranta pagine, un semplice racconto che ho letto d’un fiato proprio la notte di Natale. Non vi ho trovato l’atmosfera natalizia che cercavo, ma sicuramente un piccolo gioiello di scrittura precisa e scorrevole, che ha saputo trasmettermi un’emozione.
Elisabetta Rasy, l’autrice, è giornalista e scrittrice, e collabora con “Il Sole 24 Ore”, oltre a occuparsi di critica letteraria e conduzione radiofonica. In questo racconto parla in prima persona di un’esperienza della sua vita che a molti potrà apparire trascurabile: il rapporto instaurato con un gatto randagio durante le sue occasionali permanenze nella sua casa di Sarteano, un delizioso borgo della bassa Toscana. Gegio, questo il nome del gatto, era un randagio abbastanza sui generis, dal carattere fiero e orgoglioso, che sembrava accettare più con condiscendenza che altro le varie attenzioni riservategli da molti degli abitanti del paese. L’autrice, in questo caso anche protagonista della vicenda, data la sua natura di villeggiante non poteva permettersi di prenderlo in casa con sé, considerando anche il fatto che il felino non sembrava gradire l’idea di una sistemazione definitiva. Il suo ruolo verso di lui è stato quindi quello di soccorritrice, spesso dilaniata dal senso di colpa che le dava l’impossibilità di trovare una soluzione migliore. Con l’andare del tempo e il deteriorarsi della sua salute, Gegio ha mostrato sempre di più il suo lato indifeso e bisognoso di sostegno, senza tuttavia che Elisabetta potesse fare di più per lui. La rete di solidarietà che i paesani gli hanno tessuto intorno non è bastata a salvarlo, e, forse, neppure un’adozione tempestiva avrebbe fermato quello che, probabilmente, il micio portava già dall’inizio dentro di sé. Resta il rapporto, tenero e indipendente, che ha costruito con l’autrice, e che l’ha spinta a fissarlo in queste poche pagine.
Il Natale, qui, è un periodo dell’anno, ma non se ne percepisce il sapore. Niente, in questo racconto, suggerisce alberi illuminati o serate di festa. Gegio, che guardava la vita dal di fuori, non apparteneva a coloro che gioiscono del Natale: la sua scelta di indipendenza lo aveva portato a rinunciare ai legami troppo stretti. E’ stato nel momento del dolore che il pianto è venuto fuori dalla sua gola, e lo ha spinto a stringersi a chi gli aveva sempre donato affetto in modo incondizionato. Questa storia di avvicinamento e difficoltà fra umana e animale assomiglia a troppe storie del nostro quotidiano, e forse dalla triste vicenda di Gegio molti di noi potrebbero imparare qualche cosa, trasferendola sui propri rapporti di amicizia o amore. Troppe volte non possiamo, non dobbiamo, non ci sembra il caso, e troppe volte si fa tardi prima ancora che ce ne accorgiamo. Questo, con un filo di dolce rimpianto, ci racconta l’autrice, parlandoci di un gatto che, come lei dice, racchiudeva in sé sia la gioia che il dolore di vivere. In fondo, è dalle piccole cose che nasce la vera poesia.
Un gatto per Natale
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