La parte del diavolo
- Autore: Emmanuelle de Villepin
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2016
“La parte del diavolo” (Longanesi, 2016) racconta il confronto e lo scontro tra tre generazioni di donne della stessa famiglia, redatto della scrittrice francese Emmanuelle de Villepin che vive stabilmente a Milano dal 1988, insieme al marito e alla tre figlie e ricopre le cariche di vicepresidente della Fondazione Dynamo (dal 2006) e di presidente dell’Associazione Amici di TOG (Together To Go) (dal 2011), un Centro di eccellenza dedicato alla riabilitazione di bambini colpiti da patologie neurologiche complesse.
“Mi sono stesa sul letto, benché fosse mattina, perché avevo il fiato corto. Ero uscita a fare la spesa. Avevo passeggiato in rue Madame e non avevo resistito a una baguette appena sfornata”.
A Parigi madame Christiane una vedova di ottantasei anni viveva sola in un grande appartamento in Place Saint-Sulpice, nel VI arrondissement. L’anziana signora si era accomodata davanti alla televisione giusto “per abitudine” perché pur amando la solitudine “odio il silenzio”. Christiane voleva riempire il vuoto della sua casa
“un continente di angoli minacciosi, foreste di ricordi e un oceano di solitudine”.
Dalla morte del marito la donna non aveva cambiato nulla, non una tappezzeria, non un oggetto. Gli abiti del consorte erano sempre appesi nell’armadio e la moglie ancora attendeva di ascoltare il rumore della sua chiave nella serratura. Le porte della biblioteca erano tenute chiuse in modo da conservare l’odore del suo sigaro. Con la solita ironia “un allenamento quotidiano, una disciplina di ferro” che la contraddistingueva, Christiane definiva la vecchiaia l’impossibilità di cadere in piedi.
“Quello che si è rotto ci trascina nell’abisso, e non c’è un futuro per rimettere assieme i pezzi”.
All’improvviso il suono del telefono aveva interrotto il flusso dei suoi pensieri. Catherine, l’unica figlia cinquantenne “bella ma noiosa” di Christiane, che viveva a Milano, era in lacrime “è tutto una tragedia” a causa della scoperta dell’ennesimo tradimento del marito Lorenzo. “Come sempre ne fa un dramma”. La madre le aveva proposto di venire qualche giorno nella Ville Lumière. Christiane era sicura che l’atmosfera parigina avrebbe giovato all’umore della figlia. Catherine aveva acconsentito. Christiane, elettrizzata dall’imminente visita, insieme alla domestica la signora Joseph, elencava tutte le cose da fare. Un altro squillo e Catherine annunciava che sarebbe giunta il giorno seguente insieme alla figlia ventenne Luna, riccioli biondi e occhi castani. A questo punto la gioia della donna era incontenibile ma pur cercando di non manifestarla troppo la figlia l’aveva intuita e si era irritata. Pazienza, non c’era tempo da perdere, occorreva verificare che le stanze di figlia e nipote fossero in ordine. La raffinata signora avrebbe rallegrato le camere da letto con rose bianche per Catherine e tulipani a tinte rosate per Luna. Madame aveva intenzione di scuotere la figlia dal suo atavico vittimismo e dalla sua mancanza di autostima.
“E’ un libro molto femminile”
ha dichiarato in una recente intervista l’autrice, convinta che
“il segreto dell’esistenza è possedere un’ottima dose di autoironia e aver ricevuto molto amore da bambini”.
Attraverso una narrazione fluida e avvincente, tre figure femminili ben caratterizzate si mostrano con tutti i loro pregi e difetti su di un palcoscenico difficile e problematico chiamato famiglia. Particolarmente riuscito il personaggio dell’anticonformista Catherine che affascina e conquista con il suo carattere espansivo che nasconde un cuore sensibile e una mente acuta.
“L’egocentrismo materno è complesso e ostinato, difficile da afferrare perché sempre tinto d’amore, sacrificio e senso di colpa”.
Emmanuelle de Villepin descrivendo tutti quei difficili equilibri e conflitti che nascono nel rapporto madre-figlia, ricorda al lettore l’importanza nella vita di ciascuno di noi della “parte del diavolo”. Mai dimenticare
“quanto si deve al sacro e quanto in nessun caso dev’essere sottratto al profano”.
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