A sinistra in fondo al corridoio
- Autore: Patrizia Carrano
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
La giornalista Patrizia Carrano, scrittrice dalla penna sapiente e acuminata, l’avevo incontrata molti anni fa, quando avevo divorato il suo libro “La Magnani. Il romanzo di una vita” uscito per Rizzoli nel 1982. Anna Magnani era un mito del mio immaginario e ora, riprendendo in mano quel libro dalle pagine un po’ ingiallite dal tempo, mi rendo conto di quanto fosse ricco, documentato, pieno di storie del nostro cinema negli anni in cui la cinematografia italiana era all’apice del successo internazionale.
Oggi, nella crisi epocale che stiamo attraversando nell’intero pianeta, Patrizia Carrano con A sinistra in fondo al corridoio (1000eunanotte, 2019) ci racconta una storia apparentemente piccola, domestica, familiare, tutta italiana, che ci mette di fronte con l’intelligenza della maturità dell’autrice, ad un pezzo di storia sociale del nostro paese, a partire dal 1947, fino a giungere ai nostri giorni, in un secolo nuovo e tanto diverso.
La costruzione del libro non ha un andamento cronologico e mette il lettore di fronte ad un continuo viaggio nel tempo, mentre la Storia grande viene scandita da piccoli riquadri che illustrano con chiarezza il contesto storico-politico nel quale le gesta delle nostre due protagoniste si sono svolte. L’altezzosa e straripante Clara Motta, compagna non sposata per il suo gusto anarchico vissuto con coerenza di Renzo, archeologo del Vicino Oriente Antico, aveva dedicato al Professore la sua intera vita, compresi gli ultimi anni che avevano visto l’uomo colpito da un ictus. La loro vita difficile era stata alleviata da Santiago, il badante peruviano che viveva ed assisteva l’anziana coppia. Morto Renzo, a Clara resta l’uso del grande appartamento di gusto razionalista al quartiere Nomentano, un piccolo vitalizio e soprattutto la presenza affettuosa e discreta di Santiago.
L’altra protagonista del romanzo è Giulia, la figlia di Clara, avuta da una relazione con un dandy nobile e squattrinato. Sposata giovanissima per sfuggire al non amore di sua madre, la ragazza riceve l’affetto materno dall’anziana Beppa, una contadina veneta che rimarrà in casa per lunghi anni, amata da Giulia, ignorata da Clara. C’è poi un terzo personaggio femminile, la scialba e rapace Donatella, figlia naturale del Professore, decisa a sottrarre alla ormai novantenne Clara il grande appartamento del padre. In questo intreccio di miserie, interessi, cattivi rapporti, tipici di una borghesia meschina, le pagine che raccontano le varie domestiche, che negli anni cinquanta venivano chiamate con disprezzo “serve”, prive di contributi assicurativi, le “Marchette”, destinate ad una brandina di fortuna in cucina, senza intimità, totalmente asservite agli umori dei cosiddetti datori di lavoro, sono il vero centro di questo romanzo originale: i loro nomi, Ofelia, Ottavina, Annalisa, italiane e poi con il cambio di passo della storia Melinda, Luisita, Santiago, provenienti da paesi lontani, Filippine, Georgia, Perù, ci descrivono il cambiamento di mentalità, di costume, di abitudini familiari che il nostro paese ha vissuto negli ultimi settanta anni.
La giornalista attenta scrive pagine illuminanti sui cambiamenti radicali che stiamo vivendo. Durante una cena con giovani amiche, nel 1999, Giulia si trova coinvolta, mentre Benigni vince l’Oscar e muore Stanley Kubrik, mentre viene introdotto l’Euro e viene ucciso Massimo D’Antona, in un mondo che non le appartiene, confrontandosi con modelli deludenti consapevole che una ventennale cattiva tv aveva fatto danni irreparabili.
Ma quelle ragazze, non venivano lontanamente sfiorate dagli avvenimenti che vorticavano intorno a loro e con una conversazione peristaltica continuamente interrotta dagli squilli dei loro telefonini, parlavano soltanto di maschi, di sbronze, di spiagge, di quattrini che non avevano e volevano avere. E lo facevano con una torva innocenza, come se il loro fosse l’unico modo possibile di vivere.
Santiago e la sua famiglia di emigrati dal Perù sono i personaggi positivi del libro. L’uomo è onesto, corretto, coerente con la promessa fatta al Professore, di non abbandonare la dispotica e insopportabile Clara, pur talvolta tentato di tornare al suo paese d’origine. Il tema dei nostri immigrati che svolgono lavori domestici, badano ai nostri numerosi insopportabili vecchi e ai nostri pochi bambini, è trattato da Patrizia Carrano con sensibile obiettività, pacata competenza.
Santiago usava la sua intelligenza per non farsi ferire dalle piccole, crudeli, ‘naturali’ scortesie che quotidianamente gli venivano inflitte.
La vecchiaia, la malattia, i problemi economici, le abitudini di un benessere che non è più possibile mantenere, sono descritti con il realismo di chi sa, di chi ha conosciuto la confidenza che si instaura con le persone estranee che diventano più preziose dei famigliari, che assumono nei giorni finali della nostra esistenza un ruolo di intimità e di dedizione insostituibile. Il paragone che è stato fatto per questo libro con la fortunatissima serie tv Downton Abbey o con il celebre romanzo di Kazuo Ishiguro, ”Quel che resta del giorno”, mi sembrano fuorvianti: qui oltre alla realtà romanzata c’è un pezzo di storia sociale, trattata con garbata ironia, profonda conoscenza dei meccanismi che hanno decretato il cambiamento antropologico di una società che era classista, e che ora lo è diventata ancora di più, a danno dei migranti più fragili e meno tutelati. Lo Ius culturae che ancora non si riesce a far accettare dai nostri rappresentanti ne è la prova evidente.
A sinistra in fondo al corridoio
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