La figlia della serva
- Autore: Patrizia Carrano
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Una storia di fantasia, precisa l’autrice di questo romanzo, La figlia della serva, appena pubblicato da Vallecchi, che in realtà fa rivivere a noi che leggiamo atmosfere, atteggiamenti, situazioni nelle quali in modi talvolta diversi siamo stati immersi. Patrizia Carrano dà seguito alla storia dell’infanzia della bambina Elisabetta, protagonista del precedente romanzo, La bambina che mangiava i comunisti, rendendo la madre, ormai molto anziana, la despota di una famiglia in cui madre e figlia si confrontano, e che hanno come terza interlocutrice la figliastra-sorellastra Graziella, che, in quanto figlia del professore con cui Franca ha vissuto per decenni nel grande appartamento romano del quartiere nomentano, accampa pretese sulla casa di cui vorrebbe impossessarsi, estromettendone la ormai novantenne imperiosa e capricciosa Franca.
Ma l’intenzione dell’autrice è piuttosto un affresco straordinario delle persone che sono state nel corso degli anni al servizio di questo insolito gruppo familiare.
Il racconto inizia nel 2010, quando la indomita Franca Gobbi, dopo la rottura del femore è ricoverata in ospedale; al suo capezzale vi è il sollecito, attivo, affezionato peruviano Manuel, che dopo aver assistito il professore Renzo Scarpelli, ora si occupa della signora a cui dispensa cioccolatini, sigarette e un affetto filiale, malgrado gli sgarbi , le intemperanze della comunista Franca che con il personale di servizio non è mai stata tenera.
Manuel dunque, capitato in casa attraverso la comunità di Sant’Egidio, badante, anche se il termine non piace agli anziani destinatari del loro aiuto indispensabile, dopo la promessa fatta al professore che avrebbe continuato a vegliare sulla sua compagna di vita, si rende assolutamente indispensabile, come vedremo seguendo al storia quasi rocambolesca del tentativo di appropriazione della goffa Graziella della casa romana che Franca non intende lasciare nelle mani di un estranea.
Ma l’autrice ci fa tornare indietro nel tempo, per raccontare la storia di Elisabetta, che troviamo bambina a Venezia: lì la coppia dei genitori, Franca e Gualtiero Corradi, fa vita mondana, abbandonando al piccola nelle mani affettuose di Genoveffa Ambrosin, detta “Beppa”:
“Una creatura goffa e silenziosa, soggiogata dal carattere imperioso della padrona di casa, dalle buone maniere e dalle raffinate esigenze del signore”.
In casa, malgrado le convinzioni ideologiche di Franca, la donna era chiamata semplicemente “la serva”, mentre il suo stipendio modesto, diecimila lire al mese, era corrisposto senza “marchette”, i contributi Inps ancora di là da venire.
L’infanzia della bambina Elisabetta passa con l’accudimento affettuoso e sollecito della Beppa, che ci sarà sempre per la bambina che ricopre di una tenerezza rozza ma sincera, condividendo con lei le giornate libere e le visite a San Donà, dove vive la sua numerosissima famiglia contadina. Il racconto del rapporto tra Beppa e Franca Gobbi è a volte tragico, a volte esilarante: una ricostruzione dei riti, delle contraddizioni, delle piccole ingiustizie, della insensibilità della società borghese degli anni cinquanta assolutamente perfetta.
Ma nel libro di Patrizia Carrano si susseguono i nomi e le personalità di molte altre persone che sono passate nelle case di Franca e Elisabetta, assistendo ai loro contrasti violenti, alle separazioni, alle malattie, agli abbandoni.
Ecco sfilare nei capitoli del romanzo Ofelia, Melinda, Ottavina, Annalisa, Ernestina, Luista, italiane prima, straniere poi, nell’avvicendarsi della storia italiana, dell’arrivo dei lavoratori stranieri indispensabile per una popolazione sempre più anziana, mentre crescono le esigenze e le disponibilità economiche degli italiani, non più disposti a mettersi al servizio di anziani bisbetici e arroganti.
Nel raccontare con la sua grande capacità evocativa ambienti che mostra di conoscere in profondità, Patrizia Carrano ricostruisce con ironia, pathos e partecipazione affettiva un pezzo della storia italiana a partire dal secondo Novecento per arrivare fino ai nostri giorni cupi e contraddittori, in cui è facile ritrovarsi tutti.
Il personaggio di Manuel è lo specchio di tanti “badanti” che hanno fatto parte di famiglie amiche, perni intorno a cui anziani soli hanno vissuto i loro ultimi difficili anni. Il libro mi ha coinvolto, mi ha fatto entrare nel lessico oggi non più proponibile ma comune ai gruppi sociali che chiamavano “serve” le odierne colf, che le sfruttavano, maltrattavano, spesso umiliavano costringendole in spazi angusti, privi di intimità, senza orari né diritti.
Partendo dalla novella di Flaubert, Un cuore semplice, l’autrice pone in esergo al suo bel libro la dedica:
Ai cuori semplici che sono passati per le mie stanze.
La ringrazio, per aver dato voce anche ai tanti cuori passati per quelle di tutti noi.
La figlia della serva
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