Arrivano i pagliacci
- Autore: Chiara Gamberale
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
Diffidate dai romanzi di formazione dove a ogni pagina succede qualcosa, un incontro, un accidente, un evento topico: la vita vera è fatta di sfumature sottili, di fortune e sfortune “a posteriori”. E’ fatta di tavolozze esistenziali meno eclatanti, meno accese, come quelle racchiuse in “Arrivano i pagliacci” di Chiara Gamberale (nuova versione per Mondadori del romanzo originale del 2002).
Il suo taglio narrativo risulta tanto urgente quanto discreto, intimo, a tratti impalpabile; la sua tesi di fondo (se c’è una tesi di fondo) pudica, sottesa, quasi contingente.
Nell’anno dei vent’anni di Allegra Lunare (l’io narrante del libro) fatti, cose e persone sono successi, succedono, si succedono senza alcuna solennità da grandi eventi (da grandi incontri, da grandi perdite, da grandi imprese), molto semplicemente capitano come capita una febbre o una bella giornata di sole: incidentalmente, tra parentesi, per partenogenesi naturale, con la consapevolezza di appartenere in fondo alla micro-storia.
Ottima autrice Chiara Gamberale che non scrive per spiegarci come va il mondo, piuttosto per raccontare un modo (uno dei tanti) per starci dentro. Confidando, per esempio, nell’arrivo (rasserenante) dei pagliacci: è così che - nel circo barnum dell’esistenza - si va avanti anche in mezzo al buio oppure ci si fa forza quando tocca trattenere il fiato.
Pretesto narrativo del romanzo un trasloco e una lettera lasciata ai nuovi inquilini di casa. Una lettera dove gira e rigira finisce che ci sta dentro la storia di una famiglia “insolita”, come può esserlo una famiglia “segnata” dal ribellismo e dal libertarismo anni settanta: un padre universitario, politicamente impegnato, una madre modella - “sorrisi e denti bianchi su patinata”, per dirla alla Guccini - americana, un fratello con la sindrome di Down, una coppia lesbica come parentela aggiunta, e poi Zuellen, l’incontro, questo sì classicamente topico, che può stravolgerti la vita.
Un romanzo su tempo & memoria condotto con la leggiadra, dolente, irruenza dei vent’anni, una storia nella quale gli oggetti comuni - un peluche, una foto dentro la cornice, delle ali di cartapesta - risultano chiavi di accesso alla catena dei ricordi e mai madeleine fine a se stesse. “Io lascio quasi tutto”, scrive Allegra a inizio romanzo, a sottolineare un punto e a capo, uno sradicamento senza strappi, la forza, la voglia di lasciarsi alle spalle alcune stazioni della vita sin lì, di puntare a un futuro non si sa se roseo, non si sa se raggiante, sicuramente non edulcorato, probabilmente luci/ombre come la storia della sua famiglia, come in fondo la storia di un po’ tutti noi.
Sottolinea benissimo Paolo Di Paolo nella sua postfazione al romanzo:
“(…) se dovessi dire intorno a cosa gira la scrittura di Chiara Gamberale, prenderei quel proverbiale incipit di Tolstoj – quello di “Anna Karenina”, sì, quello che dice: tutte le famiglie felici si assomigliano, e quelle infelici sono diverse. Perché invece, nei libri di Chiara, le famiglie sono sempre felici-infelici allo stesso tempo, e anche – allo stesso tempo-uguali e diverse da tutte".
Arrivano i pagliacci
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A me è sembrato quasi illeggibile, manca un filo conduttore, solo una serie di persone e di storie che probabilmente significano qualcosa per l’autrice, ma che non trasmettono assolutamente nulla al lettore. Almeno a me.