Berggasse 19. Una donna di nome Anna Freud
- Autore: Lucrezia Lombardo
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Non c’è niente di peggio che sentirsi poco amati in una famiglia borghese, perché si crede sempre che i genitori preferiscano l’altro figlio al tuo posto.
Agli inizi del Novecento, a Vienna, una bambina, poi divenuta adolescente, di nome Anna Freud, aveva capito che sua madre Marthe e suo padre, il fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud, erano totalmente presi dalla grazia e la bellezza di Sophie, sua sorella maggiore.
Anna, l’ultimogenita, dovette trovare altri percorsi per far sì che la sua presenza diventasse indispensabile agli occhi dei genitori e, soprattutto, del suo amatissimo padre. Stiamo parlando dell’ultima opera letteraria della studiosa e poeta Lucrezia Lombardo, dal titolo Berggasse 19. Una donna di nome Anna Freud (Les Flâneurs edizioni, 2024. Prefazione di Valentina Di Corcia). Il miglior libro che la Lombardo abbia mai scritto, narrato in prima persona, perché l’autrice diventa lei stessa Anna, intenta a scrivere una lettera alla sua compagna americana Dorothy Burlingham, in un periodo in cui ancora non si parlava di unioni civili o matrimoni tra persone dello stesso sesso. Anna Freud inizia col raccontare la sua gelosia nei confronti della sorella Sophie, bellissima e con una grazia innata, con lunghi capelli biondi e gambe perfette, tanto che la madre Martha e il Dottor Freud erano orgogliosi di tanta beltà. Anna, invece, dovette sgobbare per meritare gli elogi paterni e lo fece con una devozione per gli studi di psicoanalisi del padre. Diventò lei stessa una nota psicoanalista, anche se i suoi studi tradirono le conclusioni cui arrivò suo padre, perché solo tradendo il nucleo originario, divenne una personalità di spicco.
Nella lettera ricorda a Dorothy quando lei venne per la prima volta in Berggasse 19, a Vienna. Una casa dove tutto emanava buon gusto e raffinatezza fino allo studio del padre che, pur essendo agnostico, amava leggere la Tōrāq, come un ebreo qualsiasi e poi il lettino dei pazienti, dove forse erano presenti più donne che uomini, perché Sigmund Freud da giovane fece sudati studi sull’isteria femminile, arrivando a conclusioni che si attagliavano in parte anche ai pazienti uomini.
Per capire la devozione di Anna Freud nei confronti del padre riporto un piccolo brano tratto dal libro:
Devo tutto a quell’uomo gentile e attento, che la sera amava ritirarsi nel suo studio a leggere e scrivere, accendendo il sigaro anche quando la malattia lo stava ormai consumando. In vista della sera - il momento che prediligeva - e della sua calma, papà aveva sistemato la scrivania come un tempio sacro.
Lo stile attento e controllato dell’autrice, mette in risalto la parola "papà ", perché fino all’ultimo, anche se andavano a trovarlo scienziati, scrittori insigni, per Anna, Sigmund Freud fu sempre e soltanto “papà”. Anche quando Freud e la moglie Marthe avevano capito che Anna avrebbe proseguito col lavoro psicoanalitico e non si sarebbe sposata mai con un uomo e non avrebbe avuto figli suoi, anche se amava moltissimo i bambini e ne fece oggetto di studio. Anzi, in questa lettera c’è anche la spiegazione che diede alla sua compagna, del perché i bambini furono la sua ossessione da studiosa e di essere umano. Durante il primo conflitto bellico, Anna scorgeva bambini cenciosi che chiedevano la carità, perché i genitori erano morti di tifo o di tubercolosi e lei voleva aiutarli come meglio poteva. Mentre nel brano riportato si parla anche della malattia di Freud, ovvero un tumore alla bocca, causato da tutti i sigari fumati, che nel corso degli anni si estese anche alla mandibola.
Anna poi spiega che, nel periodo in cui fu insegnante scolastica, stando sempre a contatto coi bambini, incominciò a vedere anche come si difendevano dalla “nuda vita” e divennero oggetto del suo studio sui meccanismi in difesa dell’Io. Sempre nella lettera, spiega quindi a Dorothy che il padre aggiunse nella sua teoria il “principio di morte”, ovvero il bisogno degli esseri umani di farsi del male e di farne, perché guidati da un desiderio autodistruttivo.
Capitò anche ad Anna di ammalarsi di tubercolosi e in quel periodo lesse tantissimo fino a scoprire le Confessioni di Sant’ Agostino e capì anche il motivo per cui il padre continuasse a leggere testi sacri. Ma dalla tubercolosi, nel 1920, arrivò la spagnola, una febbre terribile che in due anni fece milioni di morti. La spagnola si prese anche la sorella Sophie, verso cui Anna provava ammirazione mista a gelosia. Lasciò figli piccoli e un marito inconsolabile, ma i più avviliti di tutti erano i genitori. Il dolore di Marthe e di Sigmund Freud fu enorme, esagerato, avvalorando la tesi di Anna secondo cui Sophie era la prediletta. Freud sembrò per la prima volta un uomo fragile, che non poteva accettare la morte di sua figlia. Sophie non aveva paura di niente, era simpatica a tutti, era ancora bellissima anche dopo le gravidanze. Mentre Anna era spigolosa, timida, ma anche un “maschiaccio” all’occorrenza. Dovette ammettere, nella lettera a Dorothy, che era invidiosa di Sophie, un sentimento difficile da estirpare. Eppure nelle lettere che Freud mandava a Sophie, che viveva ad Amburgo, parlava dei successi di Anna e di quanto ne fosse orgoglioso e la sorella era contenta per lei.
Anna non riuscì a spiegare a sé stessa quanto era stata meschina e prese a voler bene al secondogenito figlio di Sophie, Heinz, che per il nonno divenne la ragione per cui continuare a vivere. I figli di Sophie vivevano con i nonni e con i fratelli della madre, ma la “pulsione di morte” (thanatos, Ndr), di cui Freud scriveva, sembrava un gioco macabro del fato che si divertiva a vederlo cadere. Morì, dopo qualche anno, anche Heinz, chiamato affettuosamente in famiglia “Heinele”, di tubercolosi. Da quel momento Freud smise di provare amore per la vita.
Lucrezia Lombardo non si dilunga sull’annessione dell’Austria alla Germania di Hitler, la guerra e i campi di concentramento, racconta che i Freud riescono ad arrivare a Londra, città che riuscì a togliere Hitler di mezzo con la fine della guerra. L’autrice in queste pagine ci va cauta, sa che si inscrive in una narrazione che ha visto impegnati i migliori storici, scrittori insigni e giornalisti di lungo corso. A lei invece preme di scrivere la storia di una famiglia borghese che viveva a Vienna, in via Berggasse 19.
Berggasse 19: Una donna di nome Anna Freud
Amazon.it: 9,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Berggasse 19. Una donna di nome Anna Freud
Lascia il tuo commento