Canale Mussolini Parte Seconda
- Autore: Antonio Pennacchi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2015
A distanza di cinque anni dalla vittoria al Premio Strega di “Canale Mussolini”, Antonio Pennacchi pubblica “Canale Mussolini Parte Seconda” (Mondadori 2015), il seguito della saga della famiglia Peruzzi ambientata a Littoria, l’antico nome fascista di Latina, nella quale l’operaio/scrittore è nato nel 1950.
“Porca putana...” disse nostro cugino Diomede Peruzzi, avvolto nella polvere e scansando i calcinacci che continuavano a piovere, quando si trovò davanti il caveau scoperchiato della Banca d’Italia.”
25 maggio 1944, giovedì, Santi Beda e Urbano. A Littoria, nel breve interregno tra la ritirata delle truppe naziste e l’arrivo in città degli angloamericani, il diciottenne Diomede insieme con altri due uomini, circondato dai detriti dei bombardamenti che avevano devastato la banca, mentre ogni tanto svolazzava su di loro polvere granulosa e qualche pezzo bruciacchiato di banconote da mille, cercava la sorgente, cioè il caveau, “che lì sì che ce ne saranno quanti ne vogliamo”. I tre uomini calatisi all’interno del caveau, avevano iniziato ad arraffare mazzetti di banconote, riempiendosi le tasche e le camicie dentro il petto, i pantaloni, le mutande e poi nient’altro, perché faceva caldo e addosso, data la grande miseria, non avevano la giacca. Le carriole di legno di un vicino cantiere erano servite per portare via i soldi fino a quando si era sentito un rumore di carri e camionette in avvicinamento. Non erano gli americani, sbarcati ad Anzio quattro mesi prima e lì bloccati dalla controffensiva nazista, ma gli inglesi che avevano liberato una Littoria deserta e quasi ridotta in macerie sorvegliata da “mio zio Adelchi, l’unico vigile urbano rimasto a guardia del comune”, che si era accorto dell’impresa dei ladri per fame. Per Adelchi, il dovere era dovere, quindi lo zio aveva sparato con la sua beretta ma Diomede e i suoi complici erano svaniti nel nulla, dopo aver lanciato una sassata che aveva sfiorato Adelchi. Negli anni che trascorsero, Diomede negò sempre di aver rubato i soldi del caveau, che i tedeschi avevano fatto saltare prima di andarsene, ma “secondo zio Adelchi era Diomede”. Diomede Peruzzi era figlio della Modigliana, sorella gemella di zia Bissola, suo padre non si sapeva chi fosse e da dove fosse venuto, non se lo ricordava nemmeno la Modigliana, tanto buona, cara e dolce. Il “fiòl de nisun”, capelli rossi brillanti, lentiggini sul muso e “simpatia da vendere”, un vero terremoto, era nato in Altitalia a Cà Bragadin dai conti Zorzi Vila “maladeti” e anche lui, era giunto nel 1926 nel Lazio. Ai contadini Peruzzi, abbandonata la loro terra originaria nella bassa padana per poi approdare nell’Agro pontino, terra bonificata dalla malaria durante il regime fascista, era stato assegnato “il podere nostro 517 Peruzzi, Parallela Sinistra, Canale Mussolini”, principale canale della bonifica e cuore di questo grande romanzo popolare dedicato dall’autore “A Dario”. “E quando te la scordi la guerra? Sono cose che rimangono”.
Pennacchi, figlio di coloni, riprende il suo ruolo di cantastorie tornando a narrare con il consueto piglio ironico ed epico, le gesta tragicomiche dei Peruzzi, le sofferenze della popolazione dell’Agro Pontino, di quella gente che aveva ricevuto dal Duce terre e poderi e a guerra persa, con il nemico in casa, all’inizio, subito dopo lo sbarco, la resistenza
“l’abbiamo fatta agli americani. Spalla a spalla, ancora, col fedele alleato germanico.”
In seguito, a iniziare dal febbraio del ’44, i tedeschi sarebbero sfollati sulle montagne o in altre regioni limitrofe, sessantamila persone in tutto l’Agro Pontino, fino a cinque chilometri dalla linea del fronte o dalla costa, considerata fronte attivo anche questa. Una volta tornate libere dagli invasori le terre dei coloni, mentre la guerra al Nord d’Italia proseguiva, ricominciava la ricostruzione, affidata a personaggi come Diomede, uomo d’iniziativa come gli altri componenti maschili del clan Peruzzi, rami di uno stesso albero. Più volte Antonio Pennacchi ha precisato che è venuto al mondo per narrare “questa storia, un secolo della mia famiglia”, che in “Canale Mussolini Parte Seconda” scorre parallela con le vicende di Salò, dei rapporti tra Mussolini e Hitler, senza tralasciare la liaison tra Mussolini e Claretta Petacci fino alla fine drammatica a Piazzale Loreto a Milano.
“Mi piace raccontare sia le cose belle sia quelle brutte. Il mio difetto è quello di credere che la storia dell’uomo vada vista da un singolo organismo. Considero l’individuo subordinato alla collettività. L’uomo non è padrone della propria vita ma solamente un tramite tra le varie generazioni.”
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