Delitti allo specchio
- Autore: Roberta Bruzzone
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Italia oscura, illuminata dalle luci indiscrete delle riprese televisive. Due episodi controversi di cronaca nera hanno stregato l’opinione pubblica nel nostro Paese. Sono l’oggetto di “Delitti allo specchio. I casi di Perugia e Garlasco a confronto oltre ogni ragionevole dubbio”, un volume in diffusione da agosto, per iniziativa della casa editrice Imprimatur di Reggio Emilia (pp. 224, euro 16,00), a firma di Roberta Bruzzone e Valentina Magrin. È un testo che cerca di rispondere ad una domanda legittima, a conclusione delle due lunghe vicende processuali: nei confronti di Chiara Poggi e Meredith Kercher la giustizia italiana ha reso il dovuto alle giovani vittime? Una cosa è certa, entrambe erano ragazze senza macchia, del tutto innocenti, com’è stato confermato dalle indagini cronachistiche, che hanno scandagliato senza pietà le loro brevi esistenze (ventisei anni per la lombarda, appena ventidue per l’inglese).
Il nostro apparato penale avrebbe dovuto e potuto fare di più. Ha fallito, questa la risposta delle due autrici, che hanno dedicato ai due complessi percorsi giudiziari un testo a quattro mani, nel quale si sono sforzate di depurare i fatti dalle
“scorie delle false insinuazioni e delle troppe parole buttate al vento”
come fanno presente nell’introduzione.
Roberta Bruzzone, psicologa forense, criminologa, esperta e docente di criminalistica, psicologia investigativa e analisi della scena del crimine, è consulente tecnico nei giudizi sui principali delitti in Italia. Valentina Magrin, filosofa, è specializzata in analisi delle fonti documentarie e in giornalismo investigativo e componente dell’Accademia Internazionale di Scienze Forensi.
Basta dire: Garlasco e Perugia, è così che sono diventati popolari i due casi, di fatto identici (omicidi senza movente), speculari nella direzione assunta dalle inchieste (si è puntato su presunti colpevoli ben individuati), ma giunti a sentenze diametralmente opposte: assoluzione definitiva per due imputati nella vicenda umbra, condanna definitiva per il fidanzato di Chiara.
In qualche modo, anche questo lavoro di Roberta Bruzzone e Valentina Magrin può considerarsi una forma di giudizio, rivolto però alle inchieste: un processo alle indagini, che in tutti e due i procedimenti si espongono a critiche e censure. Anche a detta della Cassazione, non sono mancati errori grossolani, omissioni, dimenticanze, contaminazioni nell’attività spesso irripetibile di raccolta delle prove, che hanno complicato la già disordinata ricostruzione dei fatti.
Inevitabile, nel contesto mediatico attuale, il diffondersi di un chiacchiericcio esasperato sui delitti, alimentato a scopo di audience. Si è finito per dire tutto e il contrario di tutto. Ancora proseguono discussioni e qualcuno cerca di insinuare dubbi sulle decisioni processuali.
Le analogie sono tante. Si pensi che il ritrovamento dei corpi è legato alle telefonate fatte da chi diventerà presto il principale sospettato. Alberto Stasi scopre per primo il cadavere della fidanzata e allerta il 118. Il corpo di Chiara Poggi non presenta ferite da difesa. Con ogni probabilità conosceva bene l’aggressore: lo ha fatto entrare pur indossando un leggero pigiama estivo. Un atteggiamento rilassato, difficilmente si sarebbe mostrata così ad un estraneo.
A Perugia, Raffaele Sollecito avvisa i Carabinieri che qualcosa è accaduto nella casa di via della Pergola, ma sostiene di non sapere cosa. Chiama il 112 dal cortile di quell’abitazione, in cui abita la sua ragazza, Amanda Knox, che gli è accanto.
A differenza di Chiara, Meredith si è difesa prima d’essere soffocata dal suo stesso sangue, il decesso è stato provocato dall’azione combinata dell’asfissia e di una ferita da taglio alla gola.
In “Delitti allo specchio”, si fa apprezzare la delicatezza tutta femminile con cui vengono ricostruite, con rispetto e discrezione per le vittime, due vicende estremamente crude, scabrose, per le modalità omicidiarie esercitate ed anche per la circostanza di un evidente approccio sessuale non gradito dalla ragazza inglese. La mano “rosa” consente al racconto di procedere senza indugiare sull’indecente, che spesso si accompagna alle morti femminili violente. Parti di relazioni ufficiali vengono riportate con franchezza, evitando tuttavia di insistere morbosamente sugli aspetti cruenti e macabri, che pure non possono essere oscurati. Le dinamiche delle aggressioni e le cause violente di morte non vengono tacitate, ma le ricostruzioni sono serene, oggettive. Il modo in cui l’assassino ha agito, si è mosso negli spazi, si è accanito è di straordinaria importanza per rivelare il rapporto tra vittima ed offender, oltre che per ricostruire il possibile movente.
La condanna di Stasi si deve all’eccesso di pulizia: impossibile girare in casa Poggi senza sporcarsi inavvertitamente di sangue, eppure scarpe, abiti e auto non recavano la minima traccia ematica. Un sospetto per sottrazione. Poi i pedali invertiti alle bici di casa Stasi e la dichiarazione del volto bianco di Chiara: a chi l’ha vista si presentava abbondantemente insanguinato, solo chi l’aveva colpita poteva ricordare le guance esangui.
Quanto a Perugia, l’unica cosa certa è la scena finale: Meredith a terra, morta, seminuda, coperta con un piumone, che attende giustizia, in una vicenda in cui i protagonisti hanno mentito a vario titolo e a più riprese. La verità sul delitto Kercher è stata scritta?
Delitti allo specchio. I casi di Perugia e Garlasco a confronto
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