A pista fredda
- Autore: Roberta Bruzzone
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Imprimatur
- Anno di pubblicazione: 2018
Non vendetta, ma verità e giustizia: le attendono da 28 anni i familiari di Nada Cella, segretaria ventiquattrenne uccisa il 6 maggio 1996 a Chiavari, nello studio del commercialista presso il quale lavorava. Se ne occupa la criminologa Roberta Bruzzone, nel libro “A pista fredda. Il delitto di Nada Cella”, pubblicato dalle edizioni Imprimatur di Reggio Emilia nell’estate 2018 (224 pp. 16.50 euro).
Hanno collaborato alla stesura le avvocatesse Laura Genovesi e Roberta Gentileschi, l’operatrice sanitaria Margherita Di Biagio e il perito forense Emiliano Boschetti. Compongono l’equipe che ha affiancato la professionista Ligure nello studio del fascicolo investigativo, riaperto e approfondito per dare alla famiglia e alla giustizia le risposte che non trovano dalla mattina in cui, arrivata da poco nello studio Soracco, la ragazza venne colpita ripetutamente con un oggetto pesante anche quando era ormai riversa a terra. Chi aveva agito, l’aveva lasciata per morta, ma Nada respirava ancora quando venne trovata, alle 9.12. I danni però erano troppo gravi, spirò in ospedale.
Per chi non riconoscesse Roberta Bruzzone, è l’esperta che appare in numerosi programmi televisivi, frequente presenza bionda e telegenica sul piccolo schermo, ma anche professionista competente, che vanta un curriculum impressionante: psicologa forense, criminologa investigativa ed esperta in criminalistica applicata all’analisi della scena del crimine, docente di criminologia, psicologia investigativa e scienze forensi nell’Università LUM Jean Monnet di Bari, consulente tecnico nei tribunali penali, civili e minorili, presidente dell’Accademia Internazionale delle Scienze Forensi, docente negli istituti di formazione di Polizia e Carabinieri.
Procedimento penale RGNR229/96/MOD.21 è la sigla gelida che ha preso il posto di una ragazza semplice, seria, lavoratrice. L’assassino però non ha un volto, un nome, non si è nemmeno potuto stabilire se ad agire sia stato un uomo o una donna. Ma non esistono delitti perfetti, solo delitti impuniti, assicura la dott.ssa Bruzzone. Gli omicidi aggravati dalla crudeltà, come questo, non prevedono una prescrizione che possa mettere il responsabile al riparo da una pur tardiva giustizia.
È con questo spirito che la criminologa ha voluto riprendere in mano le carte di un’indagine “morta” ma non sepolta, che può ancora conservare le tracce del colpevole.
È un caso che ricorda un altro massacro in uno studio, sei anni prima, a Roma. Nel libro vengono indicate tutte le analogie con l’assassinino di Simonetta Cesaroni, nel quartiere Prati, in via Poma. Vittime due segretarie, ragazze molto giovani, sole in ufficio al momento dell’aggressione. Il movente? Mai accertato, nell’uno e nell’altro caso, rimasti senza colpevoli (nonostante varie udienze di tutti i livelli della giustizia penale per via Poma). Mai trovata l’arma che ha inflitto le ferite e causato la morte (da taglio per Simonetta, contundente per Nada). In entrambe le inchieste, inoltre, le indagini risultano carenti, tanto da vederne compromesso il buon esito, facendoli diventare così, casi a pista fredda.
Ma Roma è una metropoli, il quartiere Prati una città nella città, tanto grande da essere diviso in tre settori, Trionfale, Delle Vittorie, Mazzini. Invece Chiavari è un piccolo centro, si conoscono tutti, sulle prime sembrava impensabile che il feroce assassino/a in sé o fuori di sé, potesse sfuggire alle maglie di un’inchiesta flagellata da errori e mancanze.
Il libro è breve ma la ricostruzione molto dettagliata, meriterebbe la dovuta attenzione e il tempo necessario.
Giusto a titolo di curiosità, si potrebbero collocare sulla scena alcune persone, quantomeno citarle in questa recensione, limitatamente all’edificio in via Marsala, a Chiavari, che ospitava lo studio dove la ragazza è stata colpita mortalmente. È una suggestione che deriva dall’insistente richiesta della mamma di Nada di cercare la verità all’interno di quel palazzo. A suo avviso è stato fatto in modo poco approfondito.
Dal punto di vista della criminogenesi, si potrebbe pensare a un delitto d’impeto, scaturito da uno scatto di rabbia incontenibile, che ha portato l’esecutore ad infierire sulla povera giovane, bersaglio della sua condotta violenta, con una ripetizione impietosa dei colpi, che hanno continuato ad infliggere danni devastanti a “quella testa” che proprio non ne voleva sapere di ragionare nella maniera giusta”.
Detto questo, ecco un abbozzo di profiling senza pretese. Qualcuno voleva punire un cocciuto “NO” da parte della Cella. Un’ ipotesi da fiction, ma pur sempre accreditata nel volume.
A riprova dell’andamento delle indagini: una testimone ha dichiarato di aver telefonato insistentemente allo studio e di avere ottenuto una breve risposta da una voce di “donna non giovane”. La teste colloca l’orario della conversazione mentre Nada poteva già essere caduta in un lago di sangue. Non si è venuti a capo nemmeno di questa pista.
Eppure un colpevole c’è - sempre che sia ancora in vita - e non avrà apprezzato la pubblicazione di questo libro.
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