Domani niente scuola di Andrea Bajani

Mentre infuriano le proteste contro le riforme volute dal ministro Gelmini e tutto il mondo della scuola occupa i media , esce questo insolito libro del poco più che trentenne scrittore piemontese, che costruisce un romanzo su un’esperienza diretta: un mese trascorso in gita scolastica con tre diverse classi di licei scientifici italiani, una di Palermo, una di Torino, una di Firenze. Bajani va due volte a Praga e una a Parigi, ma sta soprattutto in pullman e negli alberghi fuori città dove gli studenti vengono dirottati. Il rapporto che si stabilisce tra questo infiltrato e i ragazzi è in crescita: all’inizio grande diffidenza, quasi ostilità, poi man mano nasce una confidenza che in alcuni momenti somiglia all’amicizia. Lo scrittore non rinuncia la suo ruolo di adulto, ma resta sempre in bilico tra il punto di vista delle professoresse, descritte nei loro luoghi comuni con grande ironia mista a simpatia per un lavoro davvero ingrato, e quello dei ragazzi, tutti uguali nei comportamenti e negli abiti, nelle musiche ascoltate negli i-pod e nelle espressioni, ma in fondo profondamente diversi nel profondo delle loro fragilità e insicurezze. Ne esce un quadro poco convenzionale, un po’ più profondo dei soliti réportage giornalistici che strizzano l’occhio ai giovani e/o li condannano in blocco.

Molto azzeccate le riflessioni che l’autore tenta di fare al ritorno dai suoi faticosissimi viaggi d’istruzione, nel tentativo di ricostruire questo universo giovanile così sconosciuto e di darne una lettura meno superficiale: ecco allora la bella immagine dei visi dei ragazzi sempre bagnati di pioggia, perchè l’ombrello è una cosa da vecchi, e in gita piove sempre. Comica appare la descrizione del rapporto con i musei, tappa obbligata perchè la gita sia viaggio d’istruzione come vuole il programma consegnato alle famiglie, e tragicomica la visita al campo di sterminio, senza la quale il viaggio non è interdisciplinare, come prescrive il programma dell’ultimo anno di liceo.
Bajani è abile nel rimanere apparentemente dalla parte di tutti, ma il suo libro appare come una ironica e blanda condanna dei sistemi scolastici voluti da adulti che non sembrano fino in fondo aver capito a chi si rivolge dvvero la scuola di oggi.