Fra la via Emilia e il West. Francesco Guccini: le radici, i luoghi, la poetica
- Autore: Paolo Talanca
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Hoepli Editore
- Anno di pubblicazione: 2019
A pagina 84 del suo Fra la via Emilia e il West. Francesco Guccini: le radici, i luoghi, la poetica (Hoepli, 2019) Paolo Talanca ragiona su un album doppio. Un album seminale per la corretta messa a fuoco della poetica gucciniana. Un live dal cui titolo discende addirittura il titolo del libro. Paolo Talanca - dicevo - ragiona intorno a Fra la via Emilia e il West (1984). In questo modo:
Il titolo del concerto è tratto da un verso contenuto nel brano Piccola città e si riferisce alla già citata via Cucchiari, a Modena, strada in cui il cantautore è nato, al numero 22, e dove ha abitato per molti anni. La strada da una parte sfociava (e sfocia) nella via Emilia e dall’altra finiva nella campagna aperta. ‘Il nostro West domestico’, come lo chiama Guccini nelle note di copertina del disco.
Tenete a mente la definizione di “West domestico” (in quanto indicativa del discorso che andremo a fare) e soffermiamoci intanto su un diverso inciso: sulla scorta della moda politicizzante degli anni Settanta, una pigra vulgata continua ancora a insistere sull’assioma Guccini-cantautore politico. Di fatto il rapporto di Francesco Guccini con la politica è sempre stato sbieco, ulteriore a temi di matrice e spessore diversi. Francesco Guccini è il cantautore del Tempo e del Dilemma. Il cantautore dello straniamento, degli stati d’animo sottili che possono coglierci come la Bambina portoghese davanti l’oceano (“sentì che era un niente/ l’Atlantico immenso di fronte") o come il sognatore sentimentale di Autogrill al cospetto della “ragazza dietro al banco (…) bella d’una sua bellezza acerba/ bionda senza averne l’aria”. Per dirne due. La consistenza delle canzoni di Guccini è dunque densa, la forma fluviale, come l’aggettivazione su cui poggia. “Omerica”, per dirla come Umberto Eco, altro che i tazebao delle ballate di protesta. Per ritornare al “West domestico” come ossimoro agglomerante i poli ontologici - più ancora che geografici - via Emilia e West, leggiamo quanto scrive Paolo Talanca, sempre a pagina 84:
(…) si vede come la pubblicazione di questo disco live (Fra la via Emilia e il West, ndr), con questo centro tematico, non sia casualmente posto tra i due album Guccini (l’utopia, il West) e Signora Bovary (la realtà, la via Emilia). Il sogno e la realtà, la fantasia e la decenza quotidiana, la cultura alta e la semplicità delle radici contadine, come l’alternare dell’aulico e del colloquiale dentro alle canzoni: sono aspetti fondamentali per la poetica di Francesco Guccini.
Francesco Guccini non è riconducibile a etichette. Meno che mai in alvei che non siano riconducibili alla letteratura tout court. Francesco Guccini tracima in forma e contenuti. Attorno al tema portante delle sue canzoni è quasi sempre possibile individuarvi il sottotesto ulteriore di declinazioni, divagazioni, rinforzi e vie di fuga. Limitandomi a un solo esempio: il “quasi” che spariglia di senso univoco Canzone quasi d’amore richiama (e comprende) disistimie e speculazioni minime e massime sullo stare al mondo. Sotto-tracce non certo consuete alla canzone di stretto genere sentimentale (“Queste cose le sai perché siam tutti uguali/ e moriamo ogni giorno dei medesimi mali / perché siam tutti soli ed è nostro destino/ tentare goffi voli d’azione o di parola/ volando come vola il tacchino").
Accertata dunque la statura filosofica del canzoniere gucciniano, se proprio si volesse insistere sulla sua venatura “politica”, piuttosto che nell’abusata Locomotiva, sarebbe bene individuarla nel senso lato di Libera nos domine, nella prima Canzone di notte, e soprattutto nei dischi pubblicati negli anni Novanta.
Così Paolo Talanca, tra pagina 99 e 100 di questo saggio:
(…) parlare degli anni Novanta di Guccini significa raccontare il suo vero periodo di canzoni impegnate. C’è un antiberlusconismo viscerale nei suoi brani, che non è affatto gratuito. Questo periodo per lui è caratterizzato dall’inaccettabile legittimazione serena della menzogna, che in certi salotti e dibattiti televisivi ha spesso la stessa dignità della verità dei fatti. Il suo sdegno viene da lontano, dagli anni Ottanta e, più indietro, dal Pasolini della ‘mutazione antropologica’ degli anni Sessanta riguardo al consumismo imperante.
Aldilà degli accenni specifici precedenti, l’obiettivo del lavoro di Talanca risulta, in sintesi, essere il seguente: attraverso i luoghi geografici (Pavana-Modena-Bologna) e i luoghi della poetica gucciniana (le radici, i ricordi, le letture, le relazioni fondanti), riepilogare per decenni i passaggi salienti della biografia artistica del Maestrone; cantautore tra i più significativi del Novecento. Dagli esordi acerbi seppure capaci dei brani-manifesto Auschwitz, Dio è morto, Noi non ci saremo, all’apogeo degli anni Settanta degli album Radici, Via Paolo Fabbri 43, Amerigo, alla compiutezza musicale degli anni Ottanta, e ai Novanta dell’impegno sociale e sentimentale. Fino alla struggente L’Ultima Thule con cui Guccini lascia le scene e la sala d’incisione per dedicarsi, come si sa, alla letteratura.
Corredato da foto, testimonianze e interviste di prima mano (a Guccini compreso), e redatto con capacità analitica certosina, Fra la via Emilia e il West. Francesco Guccini: le radici, i luoghi, la poetica ci offre, a ben guardare, un ritratto d’autore ampio e a tratti inedito, che conferma Paolo Talanca tra le espressioni più capaci della critica musicale. Un libro stratificato e scorrevole al contempo, scritto senza alcuna pedanteria.
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