Gli sdraiati
- Autore: Michele Serra
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2013
Non vi è mai capitato di leggere un libro e di rivedere come alla moviola fatti, eventi, situazioni, capitati a voi stessi? Calzini spaiati in giro per la casa, lavandino della cucina pieno di piatti sporchi, fornelli chiazzati di sugo, padella carbonizzata, sequela interminabile di squilli a cui “non risponde”, impronte di enormi scarpe da per tutto, asciugamani grondanti d’acqua sul pavimento del bagno, cose insomma che ti aspetti dovrebbero essere fatte ma di fatto (scusate il bisticcio di parole) non sono fatte. Una generazione, quella degli “sdraiati”, passata attraverso i Raggi X e rappresentata con grande ironia da uno scrittore, giornalista, padre che ha voluto porsi come un amico e a un certo punto della sua vita, giunto all’adolescenza di suo figlio, si accorge che forse ha sbagliato: non riesce a comunicare più con lui ne percepisce l’ostilità, il disinteresse, la lontananza.
Michele Serra, autore e padre, mette nel suo romanzo intitolato appunto “Gli sdraiati” (Feltrinelli, 2013) in discussione il suo ruolo di padre che somma in sé “la smania protettiva della Madre e le pretese di rettitudine del Padre”, come dire avrei dovuto essere autorevole e dare uno schiaffo (chi sa cosa direbbero i pedagoghi a proposito) ma ha preso il sopravvento la fragilità sentimentale, che mi ha concesso solo di sgridarlo e subito dopo abbracciarlo.
"Quante volte ti ho dato una carezza e invece avrei dovuto mandarti a fare in culo".
Chi sono gli sdraiati, i protagonisti di questo divertentissimo romanzo? I nostri figli adolescenti, tutt’uno con il divano e/o il letto, sempre con un apparecchio elettronico acceso, consumisti perfetti, socievoli fuori di casa, muti come pesci dentro, vestiti tutti uguali, che lasciano le luci accese, le porte aperte, le chiavi in giro, insomma “perfezionisti della negligenza”. E chi sono questi padri? Beh, sono una madre ma cerco di interpretare il pensiero. Uomini con scarsa autorevolezza e infinita tenerezza, potremmo chiamarli “mammi”. Eppure in questo romanzo tenerissimo all’inverosimile, c’è la consapevolezza - questa fa la differenza - che è avvenuta una mutazione genetica e che non servono più conflitti tra vecchi e giovani ma l’accettazione dell’altro in quanto diverso da te, con il tuo DNA ma con la sua identità. Avvincenti le pagine della descrizione del tappeto kilim rivoltato che certifica la presenza e il passaggio del figlio, delle Langhe, del vento e della pioggia che si abbattono sulla terrazza di casa, del figlio iper-tecnologico che sul tetto della scuola guarda le nuvole, sempre di lui che oltrepassa il padre dubbioso sul sentiero di montagna, delle portulache che da oltre tre generazioni sono nella casa al mare e Serra è sicuro che saranno lì anche per tanti altri anni
“perché la cura del mondo è una abitudine che si eredita"
e
“possano trovare nello sdraiato, apparentemente indifferente allo spinozismo panteistico del padre, il loro giardiniere impossibile”.
Gli sdraiati
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Se da un lato questo saggio romanzato diverte per il modo in cui viene descritto l’adolescente "sdraiato" dall’altro devo purtroppo dire che è abbastanza scontato e pieno di luoghi comuni.. forse mi aspettavo un qualcosa di più... mi lascia abbastanza perplessa la figura di questo genitore che si fa dell’autocritica quando ormai il figlio è adolescente forse doveva farsela prima e non con l’intento di giustificarsi ma di migliorare.... mi infastidisce pure l’aspetto democratico e benevolo di questo genitore nei confronti di un figlio ameba, senza interessi particolari, senza progetti .... e poi aggiungo: per fortuna che non tutti gli adolescenti e non tutti i padri sono così !!!!