Il conte di Montecristo
- Autore: Alexandre Dumas (padre)
- Genere: Classici
Stampato per la prima volta e suddiviso in puntate su una rivista fra il 1844 e il 1846, “Il Conte di Montecristo”, esordio letterario di Alexandre Dumas, ebbe immediatamente un successo straordinario, grazie all’originalità della trama e dello stile proposto dall’autore.
Quello di Dumas è infatti un romanzo intriso d’avventura e di percorsi che lo affiancano, per molti aspetti, al giallo. Anche se può sembrare inconciliabile alle caratteristiche appena elencate, la vera particolarità del libro consiste però nella profonda e accurata analisi che Dumas compie sulla psicologia dei suoi personaggi e, più in generale, sui sentimenti che inquinano l’animo umano. Inoltre, l’autore illumina nei suoi angoli più oscuri la società e la situazione politica e culturale della prima metà dell’Ottocento, fornendoci un’importante documentazione sulla vita del tempo.
La trama de “Il Conte di Montecristo” è costruita su un intreccio di piccole storie narranti le gesta di personaggi che apparentemente non hanno nulla a che fare fra loro: queste storie però, con il procedere del romanzo, si ricollegano le une alle altre, sino a condurre al momento di massima tensione, affollato da numerosi colpi di scena nei quali tutti i nodi disseminati lungo il cammino da Dumas tornano inevitabilmente al pettine.
L’aspetto più appassionante dell’intera storia è l’ingegno del protagonista che, imprigionato nei sotterranei del Castello D’If dalle brame di potere di un magistrato e dalla gelosia di due rivali, dopo quattordici anni evade, si appropria di un antico tesoro e forgia una nuova identità.
La sua astuzia gli permetterà così di presentarsi nell’alta società parigina con il titolo di “Conte Di Montecristo” e di insinuarsi nelle vite dei suoi nemici divenuti ormai ricchi grazie alle loro scorrettezze.
Come un serpente che striscia per poi prepararsi a mordere, il Conte si guadagnerà la fiducia dei suoi antagonisti per poi distruggere le loro famiglie dall’interno; la vendetta verrà però celata dal conte con tale abilità recitativa che i suoi nemici, sino alla rivelazione finale, non sospetteranno minimamente che sia lui l’architetto delle disgrazie che li perseguitano.
Con la stessa abilità con cui il protagonista si introduce nella società di Parigi, Dumas ci cala e ci guida nell’oscuro labirinto psicologico di un uomo condannato a perdere un futuro assolato di felicità, a causa della fatalità della sorte; con maestria impareggiabile e senza quasi farsi accorgere, l’autore ci immerge infatti nell’oceano della mente del protagonista.
Dalla disperazione per aver perduto un padre e la donna amata, Dumas ci trascina lungo le strade della punizione divina della quale Montecristo si fa portatore; dalla coscienza del protagonista che il desiderio di vendetta ha sommerso, alla schiacciante consapevolezza di aver violato un limite e di essere così divenuto peggiore dei suoi stessi rivali.
Ed è nel momento in cui il singulto del nemico dirada la nebbia dell’odio che opprimeva la mente di Montecristo, che questi capirà che la vita perduta fra le buie pareti del Castello D’If non tornerà più, e che nemmeno la vendetta potrà restituirgliela.
Nell’attimo in cui viene fulminato da questa consapevolezza, il percorso tracciato per lui da Dumas incontra un’inaspettata svolta: quella del perdono e della ricerca della redenzione.
Così facendo, l’autore abbatte la struttura innalzata sulle fondamenta dell’incubo, per spingere Montecristo a liberarsi della maschera indossata per compiere la vendetta e tornare ad essere il vecchio Edmond Dantes, che la prigionia e l’odio avevano ucciso. Egli potrà dimenticare l’orrore, seppellirlo nel terreno umido del passato e ricominciare una nuova vita, con lo sguardo finalmente illuminato dalla prospettiva di un futuro diverso.
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