Il figlio del farmacista
- Autore: Mario Tobino
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
Il figlio del farmacista è il romanzo d’esordio autobiografico del poeta, scrittore e psichiatra Mario Tobino (1910-1991). Scritto nel 1938 e pubblicato per la prima volta nel 1942, è stato riedito dalla casa editrice Vallecchi nel 2020.
Tobino racconta i primi anni della giovinezza trascorsa a Viareggio, la sua vita di studente che aiuta il padre lavorando nella farmacia dello stesso paese, la permanenza a Bologna per laurearsi in medicina, la sua passione per la poesia e per la scrittura, e infine la scelta di trasferirsi in manicomio. Tobino vivrà e lavorerà per quarant’anni nell’ospedale psichiatrico di Maggiano, contribuendo all’umanizzazione della struttura e alla sua apertura verso l’esterno, come testimonia la recente opera Maggiano. Gli anni del cambiamento. 1958-1968 (Maria Pacini Fazzi editore 2020, curata da Giovanni Contini e Marco Natalizi per la Fondazione Mario Tobino).
Il figlio del farmacista è un romanzo breve, una sorta di raccolta di racconti, dove ogni capitolo è il ricordo appassionato di una fase della sua vita. Il registro narrativo cambia nei diversi capitoli: alcuni sono più descrittivi (quelli sulla farmacia del padre, ad esempio), altri più caratterizzati dal lirismo, altri ancora più ironici.
Dal romanzo emerge la straordinaria sensibilità di uomo e medico di Tobino. Emerge inoltre il suo grande amore per la poesia, per la sua bellezza, per la gioia che sa donare ma anche per la sua sofferenza intrinseca. Tobino letterato nasce infatti poeta, e prima di quest’opera pubblica diverse raccolte di poesie, ottenendo ottimi riscontri dalla critica. Ecco allora che, in questo suo primo esperimento di scrittura in prosa, ritroviamo quella musicalità che è tipica della poesia, quel narrare non limitandosi all’evento in sé, ma arricchendo sempre il racconto con l’intensità dei sentimenti, le emozioni, il tono affettivo.
Originale la scelta dell’Io narrante, perché a parlare non è l’autore ma una terza persona immaginaria. Non sono mai citati i nomi né del narratore, che si presenta al lettore come una persona che frequenta il figlio del farmacista e che vive spesso con lui, né di Tobino, che viene sempre chiamato “il figlio del farmacista”. Reinterpretando l’opera in chiave moderna, possiamo definirla, come fa Giulio Ferroni nell’introduzione, una autofiction, in cui l’autobiografia e la fantasia si intrecciano. Ma all’interno di questo intreccio l’autore sa comunque farci intuire che a scrivere sia in realtà una persona sola, e che sia proprio Mario Tobino. Lo capiamo, oltre che dalle vicende di vita riportate, dal fatto che l’Io narrante assume come su di sé, a tratti, la voce dello stesso figlio del farmacista.
Lo stile è colloquiale, chi scrive si rivolge spesso al lettore con commenti anche ironici, come quelli sulla passione del figlio del farmacista per la poesia. Ad esempio, spiega di essere “molto preoccupato sul figlio del farmacista” che scrive poesie, anche se a volte vede quale "felicità esse possano dare, quale nuova e bellissima vita”. La preoccupazione è data dal fatto che alla poesia di solito si lega, oltre alla bellezza, anche il dolore: se è vero che il figlio del farmacista “a poesia scritta si alza dal tavolo felice”, è altrettanto vero che, in genere, la poesia è peggio di certe malattie, perché, mentre di certe malattie si muore,
“della poesia si soffre soltanto, a meno che uno, rarissimo su milioni, non sia rianimato dalla poesia”.
Poi ne riporta una, anticipandola così:
“Zitti. Sta scrivendo un numero grosso di poesie, nelle quali c’è: cielo, fiori, rosa, antica festa, ecc; anzi, abbiate pazienza! ve ne faccio sentire una”.
L’ultimo capitolo del libro, Del perché del manicomio, definisce il legame forte che caratterizzerà le successive opere (tutte con importanti componenti autobiografiche) di Tobino, ossia quello tra la sua esperienza psichiatrica e la scrittura. La passione per la scrittura e per la poesia è infatti vista come il motivo per cui Tobino decide di trasferirsi a Maggiano: in questo luogo lui può incontrare la poesia, anzi, la poesia si avvicina a lui,
“essendo qui il silenzio, la campagna intorno avendo sentieri per cui essa può camminare, il cielo essente così che in quello possa essa volare; potendo in questo manicomio il figlio del farmacista, solo, tutto il giorno o quasi stare in attesa di lei”.
Il figlio del farmacista non è forse il romanzo più noto di questo autore, di cui spesso si ricordano opere di prosa più famose come Il clandestino (premio Strega 1962), Per le antiche scale (premio Campiello 1972) o Le libere donne di Magliano, però è un libro che vale sicuramente la pena di riscoprire, perché mostra le sfaccettature di un uomo che ha disegnato la propria esistenza spinto dall’amore per la vita e per la poesia.
Il figlio del farmacista
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Un libro perfetto per...
Libro adatto agli amanti del genere autobiografico.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il figlio del farmacista
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