Il mistero della reliquia dimenticata
- Autore: Stefano Santarsiere
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2018
È un diavolo, ma un buon diavolo. È schiavo del gioco d’azzardo e tuttavia non è il cattivo soggetto che dice di essere. Consuma alcol e stupefacenti, però gli servono per tenere su di giri un cervello da autentico genio dell’informatica. Sì, Lucio Lobello è il demonio, così sostiene il protagonista del più recente titolo di Stefano Santarsiere, “Il mistero della reliquia dimenticata”, pubblicato da Newton Compton nella collana First (giugno, 2018, 381 pagine, 5.90 il volume cartaceo, 1.99 l’eBook).
Un thriller, dello scrittore lucano che vive ed opera a Bologna e che per la casa editrice romana ha già firmato “La mappa della città morta” nel 2016 e “I guardiani dell’isola perduta” nel 2017. Dice d’essere appassionato d’avventura, scienza, enigmi e soprannaturale. In pratica ha fatto da solo la recensione del romanzo.
Aggiunge che gli piace girare il mondo anche stando seduto e che ora si è spostato in Basilicata, insieme a Lucio. Il territorio è quello di Viggiano, ma il paese dove si svolgono gli eventi è immaginario, Santerio.
Nella mente di Lobello alcol e anfetamine sembrano il carburante per spostarsi molto lontano, nello spazio e nel tempo, fino al passato più remoto. Dichiara con naturalezza di essere l’angelo caduto, il principe dei demoni, in fuga da millenni, spostandosi nei territori più disparati e assumendo identità fantasiose.
Al momento è un matematico e programmatore trentenne, alcolizzato e tossico, residente in un angolo della Lucania, sotto la fiamma della Italpetroli, che aspira idrocarburi dal sottosuolo della Val d’Agri.
È qui che sta cercando di sottrarsi alla caccia senza quartiere che gli danno gli Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele, dall’inizio dei tempi sulle tracce di un diavolo che spergiura d’aver lasciato alle spalle l’inferno “per pura e semplice vigliaccheria”.
Il romanzo comincia a un certo punto degli eventi, poi retrocede di dodici giorni, per andare avanti di un mese. Ogni capitolo è preceduto da un versetto della Bibbia. Sacro e blasfemo convivono amabilmente, tanto che le vicende porteranno il parroco Don Vito a chiedere la collaborazione di Lucio. La Croce sollecita l’aiuto dell’eterno antagonista? Il bene e il male si alleano? Restiamo coi piedi per terra, è pur sempre un thriller, non un horror a sfondo esoterico.
Lobello si mantiene sbancando il videopoker del bar di Filippo. Non sembra difficile ad un diavolaccio in incognito calcolare le percentuali di combinazioni vincenti, ma non lo sarebbe nemmeno per un geniaccio matematico.
Tra un bicchiere di Glenlivet e qualche pillolina eccitante – che chiama “diamantini di Shabu” e assunti i quali si sente più che mai il nemico dell’Altissimo – il nostro demonio in terra presenta la folla di suggestivi comprimari che popolano il romanzo. Di Don Vito si è detto, aggiungiamo il sacrestano Fredo, la fragile diciottenne Mariella e la scafata Rosalba Castaldo, giornalista dei sogni di Lucio dagli schermi di Televalle, l’antenna di patron Coppola. Operano, tra gli altri, il segaligno commissario Lamanna e il più giovane ispettore Carlucci, le “famiglie” locali Lavitola e San Martino, oltre al prof. Barbieri, un solitario pensionato docente di diritto canonico, impegnato in una ricerca genealogica sulle sue origini.
Sarà pure periferica ‘sta valle petrolifera d’Agri, ma diavolo (appunto), capitano tutte a Santerio! Da fine agosto, infuria un’epidemia di antrace-carbonchio, che falcidia gli allevamenti della zona, perché non c’è altro rimedio che abbattere i capi colpiti. Una strage. I proprietari sono pesantemente danneggiati. Altari votivi appaiono in posti disparati nelle contrade, hanno fogge fantasiose, ma sono ben riconoscibili come cristiani. Le vecchiette non sanno cosa pensare, si segnano superstiziosamente.
Dalla chiesa viene rubata una reliquia importante, la Sacra Rotula di San Rocco, protettore dalla peste. Don Vito ci resta tanto male da dover subire il ricovero. La magistratura non trova di meglio che disporre il sequestro dell’edificio religioso e interdire le celebrazioni.
Entra in azione un maniaco omicida. Televalle lo battezza Geppetto, per la messinscena allestita sul luogo del delitto, usando “carne e legno”. Accanto alla vecchia cartomante sgozzata, candele votive accese.
Tra altarini e scena del crimine, molto ruota intorno all’iconografia di San Rocco da Montpellier: bastone, pane, mantello, cane, croce rossa. La polizia sospetta di Lucio: ha tentato il furto, lei si è opposta, lui l’ha uccisa.
Gli stanno alle costole, lo sbattono dentro. In tanti secoli non è la prima volta e non sarà l’ultima. Strano che a tirarlo fuori provveda un sacerdote. Lo vuole alleato per andare a caccia del vero Geppetto.
Lucio sarà pure un diavolo o anche no, ma uno in più uno in meno non cambia, tra tanti demoni in giro nel romanzo: quello del gioco, il voto di scambio, il clientelismo, la corruzione, i rifiuti tombati segretamente nel sottosuolo. Sono il vero Maligno di oggi.
Il mistero della reliquia dimenticata
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