Il transito mite delle parole. Conversazioni e interviste 1974-2014
- Autore: Gianni Celati
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
Gianni Celati. Per chi è un appassionato lettore, solo il suo nome già porta con sé fibrillazione e piacere intenso. Chi scrive ha un’amica che conosce a memoria alcune sue poesie piuttosto lunghe, che lei trova belle quasi quanto i suoi romanzi e saggi e racconti.
Con la curatela di Marco Belpoliti e Anna Stefi è uscito "un librone" che contiene conversazioni e le interviste più belle fatte a Celati. Perché non sono tutte, l’autore è tra i pochi fortunati che trovava sempre una pagina intera che portava una sua intervista.
Perché lo scrittore, al netto di periodi in cui parlava pochissimo, perché aveva delle grandi tristezze che venivano da lontano, dalla sua infanzia, dal suo rapporto col padre su cui torneremo, era uno che parlava tantissimo o meglio dire conversava per ore, ma non in modo egoico, petulante, incentrato sulla sua persona o tenendo da parte l’intervistatore o l’intervistatrice, che dopo la domanda erano solo trascrittori di parole o accendevano “On” sul registratore nell’attesa della prossima domanda.
Celati aveva molto rispetto per chi doveva intervistarlo, diventava scostante solo se la domanda proveniva da una persona che lo aveva letto di corsa e male. Che stava lì a misurare le parole per vedere se il pezzo era sufficiente per la pagina o la mezza pagina che era di solito su un quotidiano cartaceo. Non necessariamente giornali nazionali, andava bene anche il quotidiano della sua città natale, ovvero Sondrio dove era nato nel 1937. Se molte sue interviste sono su carta è perché lui ha iniziato a rispondere a domande sul suo lavoro in un periodo in cui comprare almeno un quotidiano era prassi comune. Dallo studente universitario a chi, invece, era un operaio, tutti compravano i quotidiani. Il sottoscritto, pur disponendo di pochi soldi ai tempi della laurea in materie umanistiche, già andava in giro come molti altri laureati o laureandi con una mazzetta di quotidiani sotto il braccio (in realtà solo due e non tutti i giorni). I quotidiani all’epoca costavano 600 lire, poco pure con l’inflazione.
Il successo arrivò immediatamente a Gianni Celati, con Le avventure di Guizzardi per Einaudi, nel 1972 e poi Lunario del Paradiso, stessa casa editrice, nel 1978. Ma il primo scritto pubblicato fu Comiche, nel 1971, ripubblicato da Einaudi nel 2021.
L’autore aveva trentacinque anni e senti su di sé l’ondata del successo, come una marea, che spesso lasciava detriti.
Pur avendo come sostenitore Italo Calvino, questi primi successi letterari, che si conclusero con il premio Bagutta per Le avventure di Guizzardi, per oltre cinque anni, nonostante le vendite del libro, la stampa periodica italiana non si occupò di Gianni Celati e dei suoi libri, perché avevano lo stigma di essere poco impegnati politicamente, che esprimevano una ironia e un divertimento che negli anni Settanta era mal tollerato.
Nel movimento del 1977 dove confluivano varie istanze, un recupero delle tematiche del ’68, ma in modo più serio, quasi mortifero e violentissimo.
I gruppi estremisti di destra erano collegati con forze esterne per tenere sotto controllo il successo politico de Il partito Comunista, mentre a Sinistra, l’estremismo era confluito nell’avanzata anch’essa minacciosa delle Brigate Rosse, che arrivarono al loro massimo fulgore con il rapimento di Aldo Moro e il ritrovamento del suo corpo inanimato il 9 maggio del 1978, in una Renault 4 rossa a via Caetani, a Roma. Un periodo orribile, anche per gli scrittori e per chi si occupava di essi.
Il critico letterario più famoso, Cesare Garboli andò via dalla capitale, scioccato da tanta violenza, mentre Celati continuò a insegnare al DAMS di Bologna, ma la sua ironia era considerata un modo per non prendere sul serio "gli anni di Piombo", addirittura, un suo ex studente Roberto "Freak "Antoni, va a trovarlo nel 1979 per fargli delle domande sui Beatles. Uscì fuori un libro dove si parlava dei quattro di Liverpool, ma anche del filosofo Martin Heidegger.
Nell’introduzione al saggio di Marco Belpoliti all’inizio del libro, che ha come titolo Il disponibile quotidiano, l’autore, sulle parole di Celati che difende il suo prendere in quegli anni una distanza comica, per sorprendere il senso comune alle spalle e descrivere senza giudicare, scrive:
Quello che hanno in comune Comiche e poi Narratore delle pianure, è lo scarto rispetto al realismo attualistico della narrativa contemporanea, che Celati identifica polemicamente più volte con il nome di Alberto Moravia.
Chi scrive, ormai da anni fa i conti con la delegittimazione assoluta che si fa nei riguardi di Moravia, sempre con un tono piccato, per la sua fortuna editoriale, perché scriveva banalità condite di erotismo per lettori piccolo borghesi, questo in sintesi lo sciocchezzaio che continua tuttora sullo scrittore de Gli indifferenti. Almeno Celati ci dice il motivo della sua critica a Moravia, giacché adotta modelli narrativi in disuso, antichi come la favola, le narrazioni orali, la narrazione epica.
Ma sicuramente quel periodo di transizione è stato pesante per Celati, che smette di scrivere per quasi nove anni, facendo altro, traducendo in inglese, facendo lunghissime camminate, come faceva peraltro il suo prediletto scrittore svizzero Robert Walser, che ha quasi scritto le sue opere passeggiando e che Celati, a cui non difettava un senso dell’umorismo fuori dal comune, dichiarava che Walser era tra i maggiori scrittori svizzeri, ma la Svizzera non lo sapeva, presa da questioni finanziarie.
Quando riprese a scrivere Celati, con Narratori delle pianure per Feltrinelli editore, nel 1985, l’Italia era cambiata. I lettori avevano smesso del tutto di leggere romanzi legati alla politica, in un desiderio di disimpegno che faceva la fortuna della letteratura di genere, gialli, legal thriller o romanzi intrisi di sentimentalismo.
In realtà molti lettori aspettavano pazientemente che la Letteratura prendesse di nuovo il sopravvento con libri di diversa caratura e in ogni caso Celati non ha mai dovuto giustificare quegli anni di silenzio. Per quanto riguarda il padre, l’infanzia del nostro autore fu durissima, avendo a che fare con un padre ottuso e violento, che lo picchiava fino a quando il figlio perdeva i sensi. È una fortuna che Celati, di tutto quel passato era rimasta solo una tristezza immedicabile.
Il transito mite delle parole è il libro migliore di Quodlibet per tutto il 2022, l’anno in cui è scomparso anche il nostro autore, a Brighton, in Inghilterra, a ottantacinque anni, ancora curioso della vita, per capire un periodo così diverso rispetto a quando era lui solo un ragazzo.
Il transito mite delle parole. Conversazioni e interviste 1974-2014
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