L’amore è un cane che viene dall’inferno
- Autore: Charles Bukowski
- Categoria: Poesia
Ci eravamo fatti un sacco di spinelli e qualche birra e mentre ero stravaccato a letto lei mi fa: "senti, ho fatto tre aborti uno dietro l’altro nel giro di poco tempo, e non ne posso più di aborti, non voglio che mi infili dentro quel coso!"
Charles Bukowski era un uomo che aveva molte cose da dire e le ha dette, scrivendo tanto, per tutta la vita: con coraggio, con autenticità, senza sconti e senza edulcorare le parole. “L’amore è un cane che viene dall’inferno” è una raccolta di testi poetici pubblicata nel 1977, quando aveva già raggiunto la popolarità su cui a volte gli capita di riflettere e a cui ha dedicato alcune delle poesie che troviamo qui.
Dunque tu andasti con i famosi e dei famosi scrivesti, e, ovviamente, scopristi che ciò di cui i famosi si preoccupano è la fama.
È contro l’intellettualismo e contro il perbenismo e lo manifesta attraverso una scrittura caustica, spietata ed essenziale con la quale descrive, come solo lui è capace di fare, rapporti occasionali e strampalati, esperienze da poeta orgogliosamente fuori da ogni consuetudine, in un mondo dove la vita cosiddetta “normale”, omologata, noiosa, piatta e ripetitiva non trova posto, anche se forse in certi momenti è desiderata, ma senza troppa convinzione. C’è una continua elaborazione dei ricordi, l’osservazione dei suoi spazi vitali e la descrizione di situazioni nei termini più elementari.
Le ultime righe di molte di queste poesie sono disarmanti, sorprendenti e rivelatrici di un pensiero, di un modo di vedere la vita, sempre coerente col suo speciale nichilismo.
Tre o quattro mesi più tardi un amico mi scrisse del tuo suicidio. se ti avessi incontrata probabilmente sarei stato ingiusto con te o tu con me. È meglio che sia andata così.
In “Per essere un grande scrittore” è forse racchiusa l’interpretazione di una parte della sua esistenza di poeta maledetto, il quale se si accorge di avere la capacità di amare, deve amare innanzitutto se stesso. Il posto nel quale “gli altri” collocano il poeta di genio è determinato da ciò che egli fa: “se sei in un manicomio o sbronzo in cella ti chiamano genio o se ubriaco gridi oscenità e vomiti i visceri sul pavimento sei un genio.”
Se invece fai cose comuni, come pagare l’affitto o andare dal dentista “ecco che hai perso l’anima.” I tempi sono maturi per ricevere una sorta di conferma del proprio successo; gli aspiranti scrittori lo chiamano, ma poi “non riescono a credere che non posso aiutarli che non conosco la formula.” Uno dei motivi per cui Bukowski piace è proprio per quel tipo di vita che descrive e interpreta, la quale richiede coraggio e incoscienza e nella quale noi vorremmo proiettarci senza esserne capaci.
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