L’anno della lepre di Arto Paasilinna

Tutti abbiamo una lepre dentro di noi, un animale selvatico che vuole essere riconosciuto ed accudito. La differenza fra la maggior parte di noi e Kaarlo Vatanen, protagonista de "L’anno della lepre", è che non solo lui riconosce e si prende cura della sua lepre interiore, ma decide anche di seguirla. In un batter di ciglia si libera di un lavoro insoddisfacente, un matrimonio fallito, una vita priva di stimoli e soddisfazioni, grigia e con la sua Lepus Timidus si ritrova a girovagare per i boschi del nord finlandese, fino ad arrivare in Lapponia e sul Mar Bianco sovietico.
Novello Thoreau, Vatanen gode della sua vita nei boschi incrociando sul suo cammino sia personaggi terribili sia persone piene di umanità e vivendo avventure rocambolesche e paradossali, al limite dell’assurdo.

Al centro del romanzo c’è la Natura, in veste di patrimonio nazionale da proteggere, salvare e dal quale, a volte, difendersi con le unghie e con i denti.
La Lepre Variabile, suo nome scientifico italiano, dal manto grigio bruno in estate e candido in inverno, diventa simbolo della parte istintuale degli esseri umani, quella parte che non vuole essere addomesticata, che non vuole aderire passivamente alle convenzioni sociali, affamata di libertà e desiderosa di esser messa alla prova per dimostrare ciò che è capace di fare.

Arto Paasilinna scrive "L’anno della lepre" nel 1975, servendosi di una scrittura essenziale, incalzante, non priva di un velo di tristezza e malinconia perfino nelle pagine più surreali, caratteristica tipica della letteratura nordica contemporanea.
Dove conduca realmente la fuga di Vatanen è il finale aperto del romanzo, che chiama in causa direttamente la libertà d’immaginazione del lettore, ovvero la sua lepre selvatica. Un’unica raccomandazione a chi si vuole cimentare in quest’impresa nei boschi della Finlandia: attenzione, perché con Vatanen non si scherza.