L’eredità di Alessandro Magno
- Autore: Roberto Fabbri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2022
Una lunga contesa per la successione ad Alessandro, dopo la morte del condottiero e sovrano macedone, a Babilonia, nel pieno della conquista dell’Oriente nel 323 a.C. Una sfida senza esclusione di colpi tra numerosi pretendenti, ora nascosta ora aperta, con metodi palesi e sotterranei e con la partecipazione non secondaria di donne, la moglie afgana Rossane e la madre Olimpiade, vedova del re padre macedone Filippo.
Un coro a più voci, alternate di capitolo in capitolo: il conflitto di successione tra i diadochi è raccontato in un romanzo storico dello scrittore svizzero naturalizzato britannico Roberto Fabbri, primo nel 2020 della serie Alexander’s Legacy, pubblicato col titolo originale Alexander’s Legacy To the Strongest e ora tradotto in italiano da Emanuele Boccianti, per la casa editrice romana Newton Compton, con il titolo L’eredità di Alessandro Magno.
Sulla copertina italiana si legge: il più grande condottiero di tutti i tempi è morto, comincia la guerra per conquistare il suo trono. Più asciutto il distico sotto il titolo dell’edizione Atlantic Books: la morte di un titano, l’ascesa delle dinastie.
Fabbri immagina sette diadochi al capezzale del re agonizzante, il 10 giugno 323 a.C. Diadoco, erede, era il titolo riservato ai discendenti dei sovrani nel Regno di Macedonia. Ma Alessandro non ha figli e la successione non può seguire una linea diretta. Non ha mai riconosciuto la favorita Barsine, quindi Eracle resta illegittimo. Le due mogli persiane, Statira e Parisatide, sono incinte da meno tempo di Rossane, che partorirà per prima, ma intanto deve guardarsi dalle ambizioni di non pochi, ai danni di quello che lei si augura possa essere un maschio, discendente diretto.
I diadochi, quasi tutti generali, sono la prima cerchia davanti al re moribondo, a cominciare dal più vicino, Perdicca, al quale Alessandro porge l’anello e che Fabbri chiama “il Mezzo-prescelto”, perché riceve il prezioso simbolo solo come consegnatario, ma non viene investito ufficialmente della successione.
Con l’emblema del sole a sedici punte, il Grande Anello della Macedonia rappresenta il potere di vita e di morte sul più grande impero di tutto il mondo conosciuto, che il re sta lasciando troppo presto. La gloria gli scivola via, senza un erede riconosciuto e senza che lui, Alessandro, terzo del suo nome, intenda permettere a qualcuno di succedergli. L’avrebbe concesso al compagno d’armi e amore della sua vita Efestione, unico suo pari, ma è morto da meno di un anno. Perché cedere quello che ha conquistato? Perché dare a un altro l’occasione di eguagliarlo? Solo lui dev’essere ricordato come il Grande. Non ha nominato il più valido. Che se la vedano da soli.
Prima di spirare, Alessandro osserva le sette guardie del corpo che lo attorniano, ansiose di conoscere il proprio destino.
L’ambizioso e spregiudicato Perdicca, il più anziano, al comando della cavalleria dei Compagni, ha chiesto con insistenza a chi volesse concedere la successione. Gli altri sei in semicerchio sono tutti comandanti militari capaci e bramosi di potere. Leonnato, alto e vanitoso, acconcia i lunghi capelli biondi nello stile del suo re, al quale si è sempre dimostrato devoto. Peucesta rivela nel vestire l’adattamento ai costumi locali ed è l’unico ad avere imparato il persiano. Lisimaco, il più spericolato, vanta un’audacia che spesso ha messo a rischio i suoi stessi compagni. Peitone, cupo ma risoluto, è impassibile perfino nell’eseguire il più crudele degli ordini, laddove altri si perderebbero d’animo. I due più anziani sono Aristonoo, già guardia del corpo del padre di Alessandro e Filippo, unico sopravvissuto del vecchio regime, consigliere che possiede la saggezza di chi è esperto nelle vie della guerra. Infine Tolomeo, i cui lineamenti fanno pensare a un fratello d’altro letto: gentile, accomodante, eppure capace di una destrezza politica senza scrupoli.
Nella seconda cerchia di astanti, uomini che lo hanno seguito nel decennio di conquiste in Oriente, dividendo pericoli e trionfi. Il subdolo Cassandro è in piedi accanto al fratellastro minore, Iolao. Si può sospettare che il padre Antipatro, reggente della Macedonia negli ultimi dieci anni, non voglia obbedire al giovane re ma eliminarlo e abbia affidato al figlio maggiore un veleno, l’arma delle donne.
Alessandro guarda Rossane, la sposa battriana incinta di sei mesi. Che speranze potrebbe avere un erede di razza mista, partorito da una selvaggia dell’Est? Altri non condividono il suo sogno di unire le popolazioni dell’Oriente e dell’Ovest.
Al racconto-ricostruzione-narrazione della difficile eredità partecipano anche, come si è detto, “la Selvaggia” Rossane, Olimpiade “la Madre” e Adea “la Guerriera”, procugina di Alessandro educata al combattimento dalla genitrice Cynane, alla maniera illirica.
Fabbri è nato a Ginevra nel 1961, ha studiato a Londra e dopo un quarto di secolo di assistenza alla regia nel cinema e televisione ha deciso di cominciare a scrivere. La collezione di oltre 3.500 soldatini di piombo e la passione per la storia di Roma hanno fornito i temi della sua narrativa. Con Newton Compton ha pubblicato la serie dedicata all’imperatore Vespasiano, dieci romanzi, da Il tribuno, nel 2012 a L’imperatore di Roma, nel 2019.
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