L’insonnia dello spirito. Lettere a Petre Tutea (1936-1941)
- Autore: Emil Cioran
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mimesis
- Anno di pubblicazione: 2019
L’amicizia, per Emil Cioran, era una cosa "sacra". La sua amicizia era rivolta in particolare ad altri studenti o persone più grandi che si accontentavano di passare da lavori manuali a lavori intellettuali, come supplenti nelle scuole superiori. Erano, per capirci, dei lavori interinali che venivano trovati direttamente dalla sezione del partito politico di cui facevano parte. Questi lavori venivano svolti dagli studenti come Cioran e anche un uomo più grande anagraficamente di lui, Petre Tutea (gli altri il filosofo li chiamava con mesta ironia i "Falliti", e si sentiva simile a loro). Erano tutte persone che passavano le serate, ma anche i pomeriggi, nei bar a bere o a parlare di cose da fare, ma in pratica non facevano nulla.
Questa premessa è necessaria per calarsi nelle atmosfere de L’insonnia dello spirito. Lettere a Petre Tutea (1936-1941) (Mimesis edizioni, 2019, trad. di Ionut Marius Chelariu, curatela di Antonio di Gennaro). Cioran aveva grande ammirazione per Tutea, lo vedeva come un uomo puro, incapace di cinismo nei pensieri, ma anche nella maniera in cui conduceva la sua vita quotidiana.
Un uomo che voleva fortissimamente una Romania più libera, più ricca economicamente e più spostata verso i paesi democratici europei e meno vicino a Mosca, lontana dall’influenza sovietica. Cioran gli diceva che assomigliava a Don Chisciotte più a Dio, ma l’amico di questo sfottò non è che avesse tanta voglia di ridere, anzi, era come dire che i suoi sforzi erano inutili, battaglie contro i mulini a vento.
Non che Petre Tutea non fosse contraddittorio, molto giovane affermava che la disuguaglianza sociale del capitalismo era insostenibile, per poi rigettare molte idee marxiste.
Nel 1948, fu ritenuto una spia a beneficio dell’asse anglo-americano e venne, come capitò ad altri intellettuali, mandato nei gulag, dove scontò tredici anni di prigionia in una situazione inammissibile, dal momento che non c’era uno straccio di prova a suo carico. Debilitato fisicamente, indottrinato a una vita comunista e atea, anche da libero, continuò a essere sorvegliato fino al 1989, con la caduta del Muro di Berlino. Le differenze tra lui e Cioran erano enormi: Cioran era ateo per sua scelta, ebbe la fortuna di trasferirsi a Parigi, dove rimase per sempre, mentre Tutea era non solo credente, ma addirittura scriveva:
Senza Dio, l’uomo rimane un povero animale razionale e parlante, che proviene dal Nulla e va verso il Nulla.
Ma anche se i due erano diversi in tutto, rimase un’intensa amicizia non solo per i ricordi comuni di gioventù a Bucarest, ma soprattutto uno scambio epistolare che perdurò fino al 1941, prima del secondo conflitto bellico mondiale.
In una lettera del 1936 Cioran scrive all’amico:
Sai che non sono uno scrittore romeno e che non amo troppo scrivere libri. Preferisco parlare, al fine di preservare, in misura maggiore, il nulla delle verità. Di tutto quello che ho fatto sinora, amo solo ciò che è sparito, senza lasciare traccia, vale a dire alcune tristezze notturne, alcune megalomanie, e gelosie nei confronti di essere invisibili. Soltanto nel disprezzo di Dio, mi sono sentito bene e a casa mia. Vorrei essere un politico solo per poter verificare ogni giorno e concretamente il disgusto per gli uomini.
Solo una amicizia salda può sostenere il contrario di quello a cui credi. Anche l’atteggiamento guascone di un uomo ateo e blasfemo. Che poi questa crisi personale e religiosa di Cioran, avvenuta in Romania, mentre faceva il supplente di filosofia in un liceo a Brasov, la possiamo leggere, grazie a Adelphi, che nel 1990, pubblicò Lacrime e Santi, uno dei primi libri del filosofo romeno.
Peccato non poter leggere la replica di Tutea, ma Cioran era prossimo a fare un dottorato che durò oltre i quarant’anni, a Parigi, dove i primi tempi alloggiava nelle stanze del personale di vari alberghi, senza nessuna comodità. Da parigino non avrebbe vissuto molto meglio: era sempre insonne al punto che chi scrive si chiede come fosse possibile che a Parigi non si trovasse un medico generico capace di somministrare a Cioran dei blandi sonniferi o compresse di melatonina, che non hanno nessuno effetto collaterale?
O forse, chissà, se per Cioran che all’epoca parla già bene il francese, gli piace dire/scrivere agli amici nuovi e a quelli che sono in Romania, in fondo girare per lui Parigi la notte era anche un po’ una posa, un motivo di interesse, vai a capire.
In ogni caso, a Cioran non dispiaceva dare l’impressione del cinico che non crede a nulla e che ancora mangia nella mensa degli studenti.
Senza soffermarsi troppo, Cioran aveva scoperto la "donna parigina", che in estate andava in Costa Azzurra e cinicamente non aveva bisogno di giustificarsi con nessuno se le piaceva dare retta a un insonne romeno, poi nemmeno così brutto.
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