L’uomo che guardava passare i treni
- Autore: Georges Simenon
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
Ne L’uomo che guardava passare i treni (Adelphi, 1986, traduzione di Paola Zallio Messori) lo scrittore belga Georges Simenon ci narra la vita di un personaggio singolare, Kees Popinga.
Popinga è un uomo “normale”, ordinario, perfettamente incasellato nella società in cui vive: impiegato in una ditta navale, sposato con due figli, vive in una bella villa nella cittadina di Groninga in Olanda. La sua esistenza procede in binari dritti, come i treni che non possono far altro che correre in quella direzione, quegli stessi treni che Popinga ama guardare passare, soprattutto di notte, immaginando le vite dei passeggeri dietro le tendine abbassate.
La sua quotidianità viene tutto a un tratto stravolta dalla confessione da parte del suo datore di lavoro che, ubriaco, annuncia l’imminente bancarotta della ditta e il suo progetto di fuga, mascherato da finto suicidio.
L’impossibile infrange d’un tratto le dighe della vita quotidiana.
È in quel momento che Popinga dà una scrollata alla sua vita: la banalità dell’esistenza che ha finora condotto gli si rivela con prepotenza. La mediocrità della sua quotidianità, la moglie, i figli, il circolo di scacchi gli diventano insopportabili. Decide di rompere con tutto.
Sale su uno dei treni che fino a quel momento ha solo visto passare ma non aveva mai avuto il coraggio di prendere. La sua prima destinazione è Amsterdam, a casa di Pamela, una prostituta che ha sempre e solo sognato. La vuole, ma lei lo deride e lui la uccide. Un incidente, sostiene Popinga, che lo trasformerà in un ricercato che vaga per le strade di Parigi ma, soprattutto, lo farà divenire un maniaco omicida agli occhi della società, il “satiro di Amsterdam”, un paranoico.
Popinga, che per tutta la vita è stato un personaggio scialbo vestito di un anonimo abito grigio, si rivela un narcisista, non accetta di essere bollato come un semplice folle, ride delle descrizioni che fanno di lui i suoi familiari e i suoi amici.
La moglie sostiene che sia stato vittima di un’amnesia. Rimane deluso quando vede la sua presenza ridursi sulle prime pagine dei giornali e arriva a commettere altre malefatte pur di tornare protagonista delle cronache.
Inizia quindi una sfida con la polizia e con la stampa, e a quest’ultima affida una lunga lettera in cui si racconta e spiega i suoi comportamenti.
Per Popinga, la vera follia era vivere nel modo in cui era vissuto fino a quel momento, intrappolato nelle convenzioni che gli avevano precluso la vera felicità. Era un bravo impiegato, un padre, un marito solo “per abitudine”.
Simenon lascia da parte le trame poliziesche di Maigret per condurci in un viaggio nella mente di un folle, nella sua psicologia, nella metamorfosi di una esistenza ordinaria a una vita sopra le righe.
È Simenon stesso a criticare la società piccolo-borghese, a prendersi gioco della mediocrità dei personaggi secondari che ruotano intorno a Popinga attraverso i pensieri del suo protagonista.
In queste pagine c’è un uomo che ha deciso di prendere in mano la propria vita e, in parallelo, c’è il rifiuto della società che annienta i veri desideri.
Popinga arriva a convincerci, infine, che le convenzioni in cui le persone si fanno tragicamente imprigionare sono la vera perversione, mentre la sua ribellione e le sue trasgressioni sono la vera normalità.
Per quarant’anni mi sono annoiato. Per quarant’anni ho guardato la vita come quel poverello che col naso appiccicato alla vetrina di una pasticceria guarda gli altri mangiare i dolci. Adesso so che i dolci sono di coloro che si danno da fare per prenderli.
L'uomo che guardava passare i treni
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