La regina scalza
- Autore: Ildefonso Falcones
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2013
“Il coraggio delle donne è il modo più affascinante che io conosca per raccontare la Storia”.
Partendo da questa frase, Ildefonso Falcones, lo scrittore/avvocato di Barcellona i cui bestseller hanno venduto 7 milioni di copie nel mondo di cui oltre un milione solo in Italia, in quasi 700 pagine costruisce una trama al cui centro vi sono due indimenticabili figure femminili.
“Quando stava per mettere piede sul molo di Cadice, Caridad ebbe un moto di esitazione”.
Porto di Cadice, 7 gennaio 1748. Una “magnifica dea” vestita con un abito scolorito di lana grezza, in testa un liso cappello di paglia, era appena sbarcata dalla nave da guerra di Sua Maestà La Reina che trasportava nella sua stiva più di due milioni di pesos e quasi altrettanti in marchi d’argento, ennesimo tesoro delle Indie, “oltre a Caridad e a Don José, il suo padrone”. L’ex schiava cubana e Hildago provenivano da L’Avana perché l’uomo era desideroso di tornare a vivere nel suo paese natale. Durante la traversata Don José era morto di peste, ma prima di morire il nobile spagnolo aveva fatto testamento ordinando che alla schiava “nera color ebano” di sana e robusta costituzione fosse resa la libertà. Ora Caridad era libera ma sola in una terra straniera nella ricca città di Cadice, dove provenivano commercianti e mercanti da tutta Europa.
“Va’ a Siviglia, a Triana. Una volta lì, cerca il convento delle Minime e dì che ti mando io” aveva detto a Caridad Padre Damian Garcia, il cappellano della Reina. Il quartiere sivigliano di Triana “sulla sponda opposta del Guadalquivir” era il rione dei gitani i quali, divisi in 21 famiglie, si dedicavano alla lavorazione del ferro battuto. Prima di emigrare in Europa in India o sui monti dell’Armenia i gitani avevano fatto di questo mestiere un’arte. Triana era formata da una miriade di corrales, vicoli, come quello di San Miguel, quartier generale dei maniscalchi e dei calderai del quartiere. Qui viveva la famiglia del vecchio Melchior Vega, composta da sua figlia Ana, il genero carpentiere José Carmona e la loro figlia la bellissima Milagros “gitana di razza” che si sarebbe presa cura di una stremata Caridad che aveva subito abusi e violenze di ogni genere nella piantagione di canna da zucchero di Hildago nella colonia spagnola di Cuba.
“Oramai Caridad non provava più nulla perché il cuore glielo avevano strappato, un pezzo dopo l’altro, quella prima notte, quando il padrone l’aveva violentata”.
Anche nel romanzo corale La regina scalza (titolo originale del volume: La Reina descalza, Longanesi 2013, traduzione di Roberta Bovaia e Silvia Sichel) i protagonisti sono gli umiliati e gli offesi della Storia immortalati in un momento preciso del XXVIII Secolo, l’epoca in cui “i lumi della ragione cercavano di farsi strada fra le tenebre dell’ignoranza”.
Dopo gli ebrei (La cattedrale del mare 2007) e i moriscos, i musulmani andalusi (La mano di Fatima 2009), i nuovi protagonisti della narrazione di Falcones sono i gitani, proprio quando a Siviglia nel luglio del 1749 re Ferdinando VI aveva ordinato la deportazione degli uomini e delle donne della comunità gitana, considerati delinquenti perché diversi.
“Siamo meglio di tutti loro: più intelligenti. Ci basta poco per vivere”.
Alla fine del romanzo è lo stesso scrittore che ci ricorda che la comunità gitana non possiede tradizioni scritte ma che
“ha contribuito come nessun’altra a lasciare un’arte, il flamenco, oggi dichiarata dall’Unesco Patrimonio Immateriale dell’Umanità”.
Scrivendo questo libro, storia della solidarietà e dell’amicizia tra due donne, l’autore catalano desidera dimostrare “la forza del matriarcato, il coraggio quotidiano che unisce donne dall’esistenza dura e complicata”, come ha dichiarato Falcones in una recente intervista.
“Noi gitani siamo sempre stati liberi. Tutti i Re e i principi di ogni angolo del mondo hanno tentato di piegarci, senza riuscirci”.
Ildefonso Falcones sarà presente il 23 novembre presso la Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini alle ore 21 nell’ambito della seconda edizione di Bookcity Milano (21 – 24 Novembre 2013).
La regina scalza
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Sulla scia dei precedenti romanzi storici, che indagavano ora sugli ebrei, ora sui moriscos, l’avvocato e scrittore Ildefonso Falcones, in questo bel romanzo, ci introduce nelle tradizioni e negli usi e costumi dei gitani di Spagna, a ridosso del 1749, anno di loro deportazione in massa da parte del re Ferdinando VI: un ex schiava cubana, ormai affrancata e libera per morte prematura del suo padrone, allo sbarco al porto di Cadice, non abituata a prendere decisioni, e vittima di stupri e maltrattamenti cui non "è stata educata a reagire", incontra sul suo cammino un capo gitano, Melchior Vega, il quale, incantato dalla sua voce e dal suo canto struggente, la introduce nella comunità di cui fa parte.
"Canta Morena" diventa cosi, il leitmotiv che accompagna tutte le circa 700 pagine del libro, come una cantilena sognante e sognata.
Caridad incontra cosi la bellissima Milagros, nipote di Melchor e novella Esmeralda, sensuale danzatrice, tanto da diventare famosa nei teatri di Madrid col bel soprannome di "la scalza" (da cui il titolo).
Accanto alla famiglia Vega, "Cachita" conoscerà, oltre le sofferenze e la prigionia, anche la vera libertà, di amare, e di decidere per se stessa!
Probabilmente è questo tipo di affrancazione che valorizza tutto il lungo scenario di questo libro, oltre che la vicinanza delle condizioni degli schiavi neri allo status delle donne gitane, fiere e coraggiose esemplari, di una razza emarginata in quanto diversa.
Ildefonso ci fa scoprire, anche su basi storiche, l’atteggiamento nella Spagna del XVIII secolo verso questo popolo e lo fa con la sua solita dialettica fluida, con le minuziose descrizioni paesaggistiche e con un delicato tratteggio dei tratti caratteriali dei protagonisti, facendo anche questa volta centro nel cuore del lettore!
Titolo originale "La reina descalza", questo nuovo romanzo di Ildefonso Falcones è un inno alla forza e al coraggio delle donne.
Siamo nel 1748, Caridad sbarca nel Porto di Cadice, come una donna libera. Schiava sin da bambina, Caridad compie la traversata in mare insieme al suo padrone, don Josè, morto perchè ammalatosi durante questa. Ma da donna libera, Caridad non sa dove andare, così don Damian, il prete che l’ha protetta dall’equipaggio, la manda in un convento. Mentre si avvia in cerca del convento, alcuni uomini incontrati per strada abusano di lei, uno addirittura la porta a casa facendola prostituire. Fino a quando una sera Caridad si ritrova con la febbre alta, così l’uomo che l’ha tenuta prigioniera per paura di un contagio, la butta fuori. Sola e infreddolita, Caridad si ripara in un aranceto e, nella sua disperazione, comincia a cantare una nenia. Un gitano, Melchor Vega, inoltratosi nell’aranceto, sente quella voce e la segue fino a trovare Caridad e la porta con se. Dopo essere stata curata Caridad comincia a lavorare per Melchor, costruendo sigari. Qui finalmente trova un po di pace, diventa amica di Milagros, la nipote di Melchor. Ogni volta che lavora, Melchor le chiede di cantare "canta Morena", e sente in quelle canzoni una profonda tristezza che lo fanno tornare bambino, ai tempi in cui sentiva cantare gli schiavi neri.
Il 30 luglio del 1749 arrivarono a Triana i soldati; armati, circondarono la città e arrestarono tutti i gitani. Alcuni riescono a fuggire, Milagros è una di quelle, insieme a Caridad che decide di non lasciarla e a Maria la guaritrice. Melchor quel giorno non c’era.
Dopo un pò di tempo molti gitani furono rilasciati, alcuni rimasero nelle prigioni tra cui i genitori di Milagros. I Garcia, grandi nemici dei Vega, chiedono a Milagros di fidanzarsi con Pedro in cambio della liberazione dei genitori. Lei accetta sia perchè innamorata di Pedro sia per liberare i genitori nonostante sappia che la madre, Ana sarebbe assolutamente contraria.
Ana, Caridad e Milagros dovranno affrontare ancora molte situazioni difficili.
In questo romanzo la donna viene trattata come un essere inferiore, sottomessa all’uomo e da questo violentata, senza possibilità di scelta. Ma la forza delle donne presenti in questa storia, risalta in maniera evidente in tutte le situazioni perchè per quanto l’uomo tenti di piegarle niente potrà mai spezzarle.