La rivoluzione della luna
- Autore: Andrea Camilleri
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2013
La lettura dell’opera di Francesco Paolo Castiglione, intitolata "Dizionario delle figure, delle istituzioni e dei costumi della Sicilia storica" (Palermo, Sellerio, 2010) consente a Camilleri di accorgersi che di donna Eleonora si parla in poche righe. Pochi accenni anche nel terzo volume della "Storia cronologica dei Viceré" di G. E. Di Blasi. Ed essi gli bastano, scrive nella “Nota” al suo romanzo "La rivoluzione della luna" (Palermo, Sellerio, 2013),
"a ricavare l’immagine di una donna straordinaria che seppe meritarsi ampio rispetto per tutto quello che fece nel suo brevissimo periodo di governo della Sicilia”.
Nasce da qui la “narrazione romanzesca”: così egli la definisce, data la commistione del fatto storico con l’invenzione letteraria. Minuziosamente sarcastica la descrizione, nelle prime pagine, del salone delle udienze tenute dal Sacro Regio Consiglio e presiedute dal viceré spagnolo don Angel de Guzmȧn, marchese di Castel de Roderigo. Subito dopo, il lettore fa conoscenza della moglie di costui, donna Eleonora di Mora:
“spagnola sì ma di famiglia siciliana e ristata orfanedda all’età di deci anni. Da allura era stata chiuiuta in convento indove che si era struita, ‘mparanno tra l’autru il tàliano, e da indove era nsciuta sulo quanno si era fatta zita”.
La narrazione si sviluppa provocando il piacevole gusto dell’umorismo fino a fare poi toccare con mano gli intrighi del malgoverno e le sbrigative soluzioni dei problemi, adottate non solo a favore delle autorità, ma anche a beneficio “dei parenti, dell’amici e dell’amici dell’amici”. La morte del viceré, che avviene nel corso dell’udienza, dà adito allo scrittore di sbizzarrirsi in rappresentazioni spettacolarmente grottesche. All’apparente costernazione dei presenti contrasta il lucido e impassibile comportamento di Donna Eleonora. Lei appare al vescovo d’una bellezza ineguagliabile, si esprime in lingua italo-spagnola e con assoluta decisione reclama il proprio diritto di erede al titolo di viceré per disposizioni testamentali del marito. Sicché, nel 1677 lei, fra lo stupore generale, governerà la Sicilia, conquistando “tutti con qualche eccezione”.
Come la luna che in ventotto giorni compie il suo giro, lei si adopera all’opera di risanamento del malgoverno. Abbastanza fedele ai fatti il racconto fornito sulle condizioni socio-economiche determinatesi dal 1647. Anche se i soprusi (“le tassi, le gabelli, i dazi”) erano aumentati di giorno in giorno, unitamente alla carestia provocata dalla peste e dal colera, fino alle rivolte popolari, ora la sua oculata e del tutto normale amministrazione mostra i tanti benefici: dal miglioramento della condizione femminile al prezzo del pane che viene calmierato, dall’assistenza agli indigenti e alle famiglie numerose alla riforma delle maestranze. Non tardano a giungere “le baroccherie di repertorio”: i poteri dei feudatari (ecclesiastici e non) tramano contro di lei, l’accusano di diavolerie e alimentano fanatismi contro la sua persona, quasi Camilleri avesse in mente il contesto persecutorio nei riguardi di Ipazia. Quale la fine della viceregina?
Tra suspense e indagini investigative, è dunque attuale e profondo il nuovo libro di Camilleri, sia per l’intreccio, dove non sono assenti venature poetiche, che per l’attenzione rivolta ai meccanismi del comando gerarchico e autoritario. Nel risvolto di copertina, le parole conclusive di Salvatore Silvano Nigro sono esaustive:
“Tra realtà storica e felice invenzione, il romanzo di Camilleri è ad alto tasso di allegrezza e di severo umorismo civile. Ed è anche un omaggio alla regalità della donna”.
La rivoluzione della luna (La memoria Vol. 919)
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Nella Rivoluzione della luna Andrea Camilleri ritorna al romanzo di matrice storica. Nella nota in appendice al libro, Camilleri rende noto al lettore da quali archivi storiografici ha attinto la storia che si è accinto a narrare. In tutte le cronologie dei Viceré di Spagna in Sicilia non si fa menzione che tra la morte del Viceré di Spagna in Sicilia Angel de Guzmán, nel 1667, e la successione nella carica del cardinale Luis Fernando de Portocarrero, la Sicilia per 27 giorni fu governata da una donna.
Solo nell’opera di Francesco Paolo Castiglione, intitolata Dizionario delle figure, delle istituzioni e dei costumi della Sicilia storica (Palermo, Sellerio, 2010) e nel terzo volume della Storia cronologica dei Viceré di G. E. Di Blasi, edita nel 1975 dalla Regione siciliana è accennata, ma solamente, in poche righe, la storia di donna Eleonora che per volontà testamentaria del marito divenne Viceré. Evento eccezionale in quell’epoca: una donna, l’unica ad assurgere a un così alto incarico politico ed amministrativo. Donna Eleonora poi venne destituita, in quanto donna impossibilitata ad assumere l’autorità di Legato nato dal Papa, titolo indivisibile da quello di Viceré. A sollevare la questione era stato il Vescovo di Palermo, escluso dal Sacro Regio Consiglio dal Viceré Donna Eleonora e che si lamentava di essere perseguitato da lei.
Sono solo pochi accenni al governo di un Viceré donna, tra l’altro per solo 27 giorni, ma bastevoli per darne l’immagine di una donna dalle doti politiche ed umanitarie estremamente eccellenti. Sue alcune leggi quali l’abbassamento del prezzo del pane, la creazione del Magistrato del Commercio che riuniva le 72 maestranze palermitane. Rimise in vigore il Conservatorio per le vergini pericolanti, quello delle vecchie prostitute, chiusi per mancanza di fondi e la Dote Regia e del Conservatorio delle Maddalene pentite. Infine la riduzione del numero dei figli per ottenere i benefici concessi ai “padri onusti”. Insomma una femminista ante litteram, con una visione moderna della giustizia e dell’equità sociale.
Fin qui la storia “vera”, ma naturalmente, come dice l’autorevole autore, essendo una narrazione romanzesca le libertà di scrittura diventano tante: la fantasia di Camilleri vola a briglie sciolte per il gusto dell’invenzione e di esasperare come attraverso uno specchio deformante la stessa realtà già di per sé stravolta.
È un carosello di pantomime, effetti caricaturali, la realtà storica del secolo XVII è vivisezionata attraverso una lente d’ingrandimento dei vizi, dei costumi libertini, delle dabbenaggini, dell’opportunismo più bieco e meschino. E’ la fiera delle vanità, dei soprusi più abietti, delle violenze perpetrate ai deboli e a giovani fanciulle orfane, alla mercè libidinosa di laidi nobilastri e chierici senza freni. In questo quadro miserevole affonda Camilleri la sua vis comica al pari di un novello Giovenale, mette in rilievo le bassezze più recondite dell’animo umano, l’immoralità diffusa, in una Palermo della nobiltà ad alto tasso di licenza per l’illegalità e la licenziosità, mentre eleva a simbolo di beltà, alto senso morale ed elevato grado di perizia politica e diplomatica una donna: Eleonora di Mora, spagnola sì, ma di famiglia siciliana, ristata orfananedda all’età di deci anni. Una vinticinchina, d’una biddrizza da fari spavento, d’abbagliare e far rimanere affatati. Nera di capelli e di occhi, ammantata di una regalità connaturata che ammalia e toglie il fiato.
L’immagine muliebre che adombra Camilleri è un peana alla donna, una celebrazione della sua beltà in omaggio non solo alle attraenti forme fisiche, ma alla sua intelligenza, acume e perspicacia.
Il mondo femminile da Camilleri è tratteggiato sempre con un senso di rispettosa adesione, compartecipa con animo femminile ai sentimenti e ai risentimenti di esso.
Le sedute del Sacro regio Consiglio sono delle farse da commedia dell’arte, i sei consiglieri, componenti il suddetto consiglio, sono delle maschere tragiche, ciascuna annidata ha una macchia, un crimine di diversa natura e rivoltano in bizantine manomissioni le leggi secondo il proprio interesse e a scopo di lucro.
L’ouverture del libro è già di per sé un capolavoro: l’inizio di una seduta del Consiglio con tutto il suo cerimoniale ridicolo, con movenze e riverenze cortigiane, fautore di una politica farsesca, dispensatrice di favori e leggi ad personam. Il resto del racconto è un crescendo senza sosta in due alterità: libidine, indegnità, corruzione da una parte, limpida onestà, rettitudine e senso morale dall’altra. Alla conclusione della storia si eleva un canto a celebrare il breve regno di Donna Eleonora: ventotto giorni ci mette la luna a girare intorno alla terra e un giro di luna fu il suo regno, ma fece della notte giorno chiaro e bastò a fare del dolore meno amaro, nel cuore della gente c’è una luna piccola, quella è lei che vi regna di splendore.
Come il libro è un misto di storia ed invenzione, degno di un romanzo classico così la lettura suscita nel contempo indignazione civile e ridanciano umorismo.
La duplicità è uno sei segni identificativi di questo scritto, a parer mio; a prova di ciò anche l’uso doppio della lingua: il siciliano alla Camilleri e il piacevole e personale italo-spagnolo parlato da Donna Eleonora.
Un felice romanzo storico, uno tra i più riusciti senz’altro del nostro grande Andrea Camilleri
Un romanzo meraviglioso. Uno dei più belli di Camilleri. Grande poesia tra le pieghe dell’ironia, sempre acuta. L’amore fra Donna Eleonora e il Dottore è la perla rara del libro, raccontato con delicatezza e traboccante di passione. Ci si perde nella storia della Sicilia, terra in cui nel presente trovi sempre tutte le tracce del suo passato, raccontate dagli scrittori e dai poeti che l’isola ci ha regalato.