La sposa di Lammermoor di Walter Scott

Il padre del romanzo storico gioca ad arte con le influenze letterarie del tempo e ci racconta la storia della fanciulla, in età da marito, contesa tra l’amore vero e quello auspicabile per la madre. Ma la Sposa di Lammermoor è più che l’impersonificazione di un’eroina a sfondo romantico: riassume in sé aspetti psicologici da vero noir settecentesco, (che al tempo vede portabandiera la scrittrice Ann Radcliffe) ed è immersa nello sfondo paesaggistico della verdeggiante Scozia, dagli influssi gotici. Ne emerge una figura di tutto rispetto, l’icona della misteriosa e lunare creatura, che si affaccerà nel melodramma di Donizetti sotto forma di usignolo dalle fragili emozioni, che contempla l’orrore e l’inquietudine dei simboli del Fato avverso, come la fonte insanguinata, il pegno d’amore, fino alle streghe e alla cieca veggente, figure reminiscenti il sempre vivo interesse tragico shakespiriano. La freddezza di Scott non lascia spazio alle debolezze sentimentali: Lucia e l’amato Edgar rispecchiano il contrasto tra le classi borghese e nobiliare.

Una figura chiave per comprendere la decadenza nobiliare è impersonata da Caleb, il fedele servitore di Edgar, tormentato dalla voglia di risvegliare il fasto perduto e protagonista di avventure inaspettatamente comiche. Un romanzo che è utile leggere per riuscire a capire il fenomeno Scott, la sua facile scrittura, la sua arte di miscelare gli ingredienti giusti, per far gustare al pubblico un classico dai mille risvolti.