Le Battaglie di Ypres
- Autore: Alessandro Gualtieri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2011
Le prime trincee della Grande Guerra sono state scavate nel territorio della città belga di Ypres, nelle Fiandre occidentali, nell’autunno 1914. Alla fine del conflitto, nel novembre 1918, erano allora ferme lì, chilometro più chilometro meno, nonostante milioni di giovani uomini vi avessero vissuto quattro anni d’inferno e oltre un milione di loro vi fosse morto, disperso o ne fosse tornato ferito pià o meno gravemente.
“Le Battaglie di Ypres. Il saliente più conteso della grande guerra” è un volume pubblicato dalle Edizioni Mattioli 1885, nella collana Archivi storici (pp. 128, euro 16,00), a novembre del 2011, a firma di Alessandro Gualtieri, lo storico e ricercatore milanese che da decenni si dedica ad approfondimenti sulla prima guerra mondiale, che gli hanno meritato un prestigio internazionale.
L’inferno sul modesto crinale è nato fin dalla primissima offensiva tedesca nell’estate 1914, davanti alla quale i Belgi provocarono lo straripamento del fiume Iser, che inondò completamente la regione prossima alle coste del Canale della Manica, arrestando così la cosiddetta "corsa al mare", nelle prime fasi della guerra 1914-18. Il fronte si stabilizzò una ventina di chilometri a sud di Ramskapelle, massimo punto raggiunto dall’avanzata germanica verso il confine franco-belga. La cittadina di Ypres divenne l’ultimo caposaldo dell’esercito inglese ed entrambe le fazioni continuarono a scavare trincee, rinforzandole alla maniera di roccaforti medievali.
Una controffensiva britannica, avviata il 21 Ottobre 1914, incise un saliente nelle linee nemiche e quella penetrazione rimase la geografia costante dell’area, mietendo in quelle poche centinaia di chilometri quadrati, in un quadriennio, oltre 300.000 vite britanniche – l’Intesa qui è stata quasi sempre all’attacco – e facendosi ricordare dai Tedeschi come il territorio del kindermon, la strage degli innocenti, quasi tutti studenti, che si erano arruolati entusiasticamente volontari all’inizio della guerra.
Quattro le sterili battaglie scatenate dagli Anglofrancesi. Tra la prima dell’ottobre 1914 e l’ultima dell’autunno 1918, le due grandi operazioni datate aprile 1915 e fine luglio 1917. Quest’ultima è passata alla storia come l’offensiva che nelle intenzioni del generalissimo Haig doveva nientemeno riconquistare il Belgio. Invece, si fermò a Passchendaele, poco più avanti delle prime linee britanniche, negli acquitrini che riempivano le enormi buche scavate dai proiettili dei grossi calibri, che avevano arato le difese germaniche. Inondati dagli acquazzoni incessanti, quei crateri divorarono altri giovani del Commonwealth. Chi non veniva ucciso dal nemico, annegava nel fango.
Intanto, i generali del kaiser avevano realizzato anche loro un’offensiva "finale" in zona, ad aprile 1918, tra Ypres e Loos, con l’ambizione di costringere gli avversari a un armistizio, prima dell’arrivo in massa degli Americani al fianco degli alleati occidentali. Finì col lento arretramento del fronte germanico, che si protrasse logorante e sanguinosissimo fino al cessate il fuoco, alle 11:00 dell’11 Novembre 1918.
Un saliente era decisamente uno dei posti peggiori dove combattere, dall’una o dall’altra parte delle linee. È una sporgenza del campo di battaglia che si proietta in territorio avverso. In genere si formava dopo un attacco frontale, riuscito in un punto, fallito a destra e a sinistra. Non essendo concepibile per i comandi ripiegare dalle posizioni avanzate conquistate, queste restavano circondate dal nemico su due o tre lati. Per le truppe che le presidiavano significava rimanere esposti al costante attrito avversario, costretti nelle trincee come topi nelle tane.
Dannatamente, per i suoi occupanti, il saliente di Ypres fu teatro delle più devastanti tecnologie di distruzione di massa perfezionate in quell’epoca: le mitragliatrici, i gas e i potenti esplosivi che venivano accumulati in crateri di mina scavati sotto le trincee nemiche, per farle saltare, con tutti i loro difensori, prima di un attacco importante.
Fin dalla battaglia dell’aprile 1915, venne inaugurato un nuovo, tremendo sistema per cercare di sopraffare il nemico: la guerra chimica, l’uso indiscriminato di sostanze miscelate per diventare gas letali, asfissianti, lacrimogeni o vescicanti, tra cui fosgene e cloro. Altre atroci sofferenze. Altri morti. È superfluo dire che il solfuro dicloroetile, un ustionante chiamato anche gas mostarda per il colore giallobruno e l’odore caratteristico di senape, è noto a tutti proprio come yprite, dal luogo dove è stato impiegato la prima volta.
Alla fine delle ostilità, nella zona di Ypres rimasero solo rovine su rovine. Fino a un decennio oltre il 1918 non venne ricostruito nulla. Si pensava perfino di lasciare l’intero territorio per sempre in quelle condizioni, rendendolo un monumento contro la guerra, un drammatico monito sulle devastazioni insanabili provocate dai conflitti moderni. Come se non si fossero mai ricostruite Hiroshima e Nagasaki, annientate dalle prime bombe atomiche nell’agosto 1945. Ma non sarebbe bastato lo stesso a cancellare le guerre.
Le battaglie di Ypres: Il saliente più conteso della Grande Guerra (Archivio Storia)
Amazon.it: 6,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le Battaglie di Ypres
Lascia il tuo commento