L’aviazione della Grande Guerra
- Autore: Alessandro Gualtieri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
“L’aviazione è un ottimo sport, ma è completamente inutile ai fini dell’esercito.”
Sembra che l’abbia sostenuto il generale francese Foch, come ricorda lo storico milanese Alessandro Gualtieri, in “L’aviazione della Grande Guerra. Cavalieri, tattiche e tecnologia nei cieli d’Europa”, libro di cui è autore per le Edizioni Mattioli 1885: ( 2015, pp. 176, euro 15,00).
Sicché, Ferdinand Foch non avrebbe considerato il volo aereo suscettibile di sviluppi agli scopi bellici. Una valutazione della quale ci sarebbe da dubitare, però, dal momento che ad un ufficiale proveniente dall’artiglieria, sia pure cocciutamente legato ai concetti napoleonici dell’assalto coraggioso in massa, non poteva sfuggire quanto meno l’utilità di osservare da più in alto e da più lontano, visto che da secoli i reparti esploranti di tutti gli eserciti cercavano di farlo, salendo in posizioni il più possibili elevate per scrutare il più lontano possibile.
Tuttavia si può ben comprendere il disorientamento di tanti professionisti della guerra, di fronte alla nuova arma con le ali, visto che nel 1914, allo scoppio del primo conflitto mondiale, gli aerei volavano appena dal dicembre 1903 – col primo successo dei fratelli Wright – e che prima del 1908 non si erano poi osservati sviluppi del nuovo mezzo.
Non a caso, i primi impieghi tattici dell’aereo furono esploranti, si doveva identificare le trincee nemiche dall’alto. Addirittura, ai primordi della Grande Guerra, si lasciavano cadere dagli aerei sulle truppe avversarie non ordigni esplosivi, ma dardi, freccette, bastoncini con punte di metallo acuminate, capaci di bucare anche un elmetto precipitando sugli uomini a terra. Una condotta primitiva, da aviazione dell’età della pietra.
D’altra parte, in quella guerra dall’alto e in alto si è visto tutto e il contrario di tutto. Era cavalleresco, in genere, il comportamento tra ufficiali che si riconoscevano come leali e validi avversari, ma non sono mancati cinici mitragliamenti contro velivoli e aviatori già condannati.
L’aviazione della Grande Guerra si occupa di tutte le aviazioni, dei piloti più vittoriosi, gli assi del cielo e dei principali modelli di aerei da combattimento di ogni Arma nazionale. Non manca un capitolo sulla musica e sul cinema in tema di aeronautica militare. Tantissime le foto in bianconero che intervallano i testi.
Uno spazio importante se lo conquista anche nel libro il Servizio Aereo Italiano, la neonata Arma Aeronautica. Fu tra le più progredite al mondo in quegli anni. Grazie alle teorie innovative di Giulio Dohuet e alla tecnologia dei bombardieri biplani trimotori dell’ingegner Caproni, risultò pioniera della rivoluzionaria tecnica del bombardamento pesante, capace di colpire duramente la logistica, le industrie, l’economia del Paese nemico, oltre che demoralizzare la popolazione.
Impegnati contro le prime linee, aerei lenti e fragili, di legno e tela, riuscivano appena a scalfire la forza avversaria. Raggiungevano appena i 120, 140, 160 chilometri all’ora. Ma nel bombardamento dall’alto l’efficacia cresceva, anche se va censurato il comportamento degli austriaci, che sganciavano ordigni esplosivi sulle città, al solo scopo terroristico. A Milano, nel febbraio 1916, i morti furono 12 e 40 i feriti. L’azione su Padova a fine 1916 divenne famigerata, per i 93 cittadini uccisi dal crollo di un palazzo. Vero è che l’Imperial regia flotta aerea austroungarica operava in netta inferiorità rispetto alla nostra. Si pensi che l’Italia, come documenta puntualmente Alessandro Gualtieri, partendo dagli appena 150 aerei militari in dotazione nel 1914, ne produsse in tutto il conflitto altri 12000, da sola più di Russia e Austria-Ungheria messe insieme.
Oltre ai molti spunti storici rilevanti, sono tante le curiosità che si possono “spulciare”: dal primo aviatore afroamericano (Eugene Jacques Bullard, croce di guerra per atti di valore, già volontario in fanteria nella Legione Straniera per combattere i tedeschi) agli scafi degli idrovolanti Zeppelin riempiti di sacche di eolio confezionate con le interiora di bovini (250000 ogni idrovolante).
Imbarazzante l’inefficacia delle contromisure antiaeree da terra. La carenza di apparati di puntamento rendeva utile solo un colpo su venti, ma la metà di quelli proiettati all’altezza voluta non esplodeva nemmeno. Paradossalmente, facevano più vittime i cannoneggiamenti convenzionali delle batterie di artiglieria contro obiettivi terrestri, quando le rotte radenti di qualche aereo interferivano con l’arco balistico del proietto. Abbattimenti accidentali, certo, ma un “uccello” di meno risparmiava sempre qualche perdita nelle trincee nemiche.
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