Memorie del sottosuolo
- Autore: Fëdor Michajlovič Dostoevskij
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
Memorie del sottosuolo esce nel 1864 su una rivista fondata da Dostoevskji e dal fratello e compariranno in un volume circa un anno dopo. Non si tratta di un romanzo, anche se c’è un protagonista che non ha però i“ numeri “ per essere davvero un protagonista. Si tratta di un modesto impiegato che ha ricevuto da lontani parenti, per eredità, sei mila rubli. Allora lascia il lavoro e si rinchiude nella sua tana. E’ annoiato, triste e sa di non aver combinato nulla nella vita. Per soccombere alla noia, s’inventa mille avventure, s’inventa anche gli stati d’animo. Finge di essere offeso e lo diventa davvero. Finge di essere arrabbiato e riesce ad arrabbiarsi. Vuole innamorarsi e soffre davvero le pene d’amore. Lui pensa, che sia meglio vivere nel sottosuolo , che per lui vuol dire quell’eterno stato di apatia, quel non fare nulla. Ma nonostante pensi questo , non riesce a non invidiare l’uomo normale, libero. Lo invidia, eppure non vorrebbe essere così, perché si sente superiore intellettualmente.
A un certo punto si chiede ( e chiede anche ai lettori ) il motivo per cui scrive queste memorie. Potrebbe scrivere solo per lui e non rendere pubblici i suoi pensieri. Sa, però, che lo scrivere lo aiuterà. Perché “ sulla carta tutto risulterà più solenne, in questo c’è qualcosa di suggestivo, ne uscirà un giudizio più preciso su di me, e sarà connesso allo stile. E a parte tutto, forse dallo scrivere mi verrà un sollievo “
Fa questo pensiero mentre fuori sta nevicando. Ed è guardando la neve che termina la prima parte del libro, per lasciare spazio alla seconda parte , che è invece un racconto che si nutre delle stesse memorie e viceversa. Questa seconda parte si apre con una poesia di Nekrasov, (poeta e direttore di una prestigiosa rivista che pubblicò la prima opera di Dostoevskji), e si chiama
“ A proposito della neve fradicia “. Qui, il nostro non- eroe racconta di sé a ventiquattro anni, della solitudine vissuta , rannicchiato sempre nella sua tana, nel sottosuolo. Era solo anche a lavoro. Detestava i suoi colleghi, ne aveva timore, si sentiva inferiore per certi versi e pensava
“ Io sono solo e loro sono tutti ! “.
A casa, la lettura lo confortava e lo interessava davvero. Cercava una via di fuga nelle sue “ depravazioni notturne “. Ma trovava ristoro e libertà solo per poco. Il mattino seguente era torturato dai sensi di colpa. Incontrava , poi, altra salvezza, altra libertà da quella nausea fortissima che sentiva. E la trovava nel bello. Nei sogni. Lui sognava per giorni, per mesi interi. Con una disperazione folle. E in quei sogni disperati, l’amore lo invadeva, seppure si trattava di un amore inesistente. Passa lunghe giornate da solo fino a quando decide di andare a trovare un vecchio compagno di scuola e a casa dell’amico, si autoinvita a un pranzo con altre persone, per caparbietà , non certo per piacere. Verrà, infatti, trattato con indifferenza, sarà umiliato, deriso. Ma s’intestardisce e rimane con loro, quasi per dispetto, anche se dentro si sente morire.
La sua solitudine sarà spezzata in un altro caso. Quando una notte, per caso, conoscerà Liza, una prostituta. Parlerà con lei a lungo, quasi una sorta di delirio. Ma la ragazza si fida di lui e gli fa leggere una lettera d’amore che ha ricevuto e che conserva come se fosse un tesoro. Nelle sue fantasticherie , sogna di salvare Liza e si ritrova, a seguirla per strada, a rincorrerla. Si accorge di essere da solo per strada, in mezzo alla neve fradicia. Non rivedrà più la ragazza e nella ultime pagine concede i suoi ultimi pensieri solitari. Dice ai lettori che in queste memorie, ha descritto tutte le caratteristiche del non-eroe , tutte caratteristiche che non potrebbero appartenere a un eroe di un romanzo vero. E si abbandona anche a una bella riflessione. Ci rivela come fosse un piccolo segreto che “Tutti preferiscono una vita letteraria a una vera.” E forse, in parte, è vero.
In Memorie dal sottosuolo, il protagonista non-eroe si rivolge soltanto ai lettori. E si lascia andare completamente, raccontando tutti i suoi timori e non provando nessun pudore nel dire tutti i sogni che gli vengono incontro e che costituiscono per lui una piccola grande salvezza. Un modo per sopravvivere in quel sottosuolo. Con questo libro, Dostoevskji, è riuscito a rappresentare il male oscuro che spesso divora e ha costituito per lui quasi un esercizio creativo, permettendogli di usare le battaglie interiori di questo modesto impiegato, ( che poi sono quelle dello scrittore ), di mutarle via via, fino a farle fluire, in maniera diversa e più matura, in quelli che poi sarebbero diventati i personaggi “ eroi “ dei suoi molti romanzi.
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