Quelli che però è lo stesso
- Autore: Silvia Dai Pra’
- Genere: Scuola
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2011
Il mondo della scuola pubblica italiana ai tempi del berlusconismo e della gestione Gelmini non è certo quello che la ingessata ministra dell’Istruzione racconta nelle interviste alle tv o ai grandi quotidiani. Può parlare di scuola solo che ci trascorre/ci ha trascorso/ci trascorrerà le ore più lunghe e significative della propria vita professionale. Ecco allora che il breve, intenso, commovente, polemicissimo libro della professoressa Silvia Dai Pra’ ci può aiutare a capire che cosa è successo, nelle periferie delle grandi città, ai nostri giovani. Ad Ostia, in un professionale alberghiero, la nostra brillante studentessa, dottore di ricerca, esperienze all’estero, diverse pubblicazioni finisce con un contratto per un anno scolastico (si chiama precariato).
Il libro ci racconta i tre trimestri di un anno scolastico appena trascorso: ritratti di alunni e alunne, piccoli e adulti, di colleghi, della dirigente scolastica, delle bidelle, dei genitori, del barista di fronte alla scuola, un ecomostro vicino al mare. Silvia infatti viene assegnata tanto al turno di mattina, nelle prime classi, quanto al corso serale, dedicato ad adulti di ogni età che aspirano al diploma per migliorare le condizioni di lavoro. Fra loro finanzieri, carabinieri, madri di famiglia, coatti, disadattati, energumeni tatuati. Lo zoo umano che l’autrice ci regala, efficacemente riprodotto sulla copertina del libro, fa sorridere appena: in realtà è disperante la situazione che vuole raccontarci, il degrado etico a cui si sono assuefatti giovani e adulti, i rapporti impossibili tra genitori e figli (emblematico il figlio che picchia sua madre che non vuole consentirgli di frequentare la scuola). Un Franti rovesciato, come rovesciate sono tante delle realtà descritte: nel saggio di fine anno le ragazze che dovrebbero imparare a ricevere gli ospiti in un’ipotetica azienda turistica, vengono allenate a sculettare in modo provocante per prepararsi all’intrattenimento in un villaggio vacanze. Più che studentesse in attesa di diploma vengono preparate a diventare veline, da un’insegnante ormai convinta che quella sia l’unica strada per ottenere lavori e compensi. Gli sforzi della Prof, considerata comunista per via dei pantaloni troppo larghi e della voglia di insegnare italiano, determinata a parlare di Saba, Pascoli, Pavese, Montale, i suoi tentativi frustrati di indurre la lettura come valore, lo studio come strumento di emancipazione e di libertà, cozzano con un “fuori” troppo potente e invasivo. Una politica fatta di nostalgie del duce, una sessualità non compresa e distruttiva, un’ignoranza di tutto e tutti gli aspetti del sapere, una mancanza totale di curiosità e di prospettive raccontano la disperazione di interi quartieri abitati da giovani che sperano solo in macchine costose, cellulari potenti, figli da chiamare Belen o Chanel, Kevin o Tomas (senza h). Il libro va letto, meditato, tornando sopra brani che dicono dove stiamo andando, se almeno la scuola pubblica non prova a fermare una discesa verso l’abisso.
L’episodio imperdibile del libro è la visita della classe a Montecitorio, dove viene raccontato lo smarrimento dei ragazzi all’entrata nell’emiciclo: il frastuono dei deputati, il boato che si leva dall’Aula rende sgomenti gli stessi terribili alunni di Ostia:
“….vediamo gruppetti di amici che ridono forte, monadi col cellulare premuto contro l’orecchio, annoiati parlamentati che leggono il giornale appoggiato sui banchi, deputate che passeggiano sculettando e poliponi che se le abbracciano, deputati col pc acceso mentre il loro vicino ride, e si gira per fare un commento con l’espressione che si ha quando si parla di argomenti quali il cibo, il calcio, la gnocca.”
Che altri commenti fare? Il resto è silenzio, con buona pace di un’opinione pubblica distratta, convinta che gli insegnanti lavorino poco, siano tutti comunisti, non meritino più del poco che hanno e che fanno...
Da collega di ruolo per quasi quarant’anni, con tante esperienze simili, un caldo ringraziamento alla Pressoré, che è il ritratto di tanti, troppi di noi.
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Il libro di Silvia ha una bella recensione oggi su "Il fatto quotidiano"; inoltre sarà presentato al Salone di Torino.
Un libro da sostenere!