Schopenhauer come educatore
- Autore: Friedrich Nietzsche
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
Scritto nel 1874, pochi anni dopo la Nascita della tragedia, Schopenhauer come educatore (Adelphi, 1985) costituisce la terza delle Considerazioni Inattuali, la serie di brevi scritti dove il giovane Friedrich Nietzsche elabora la critica della cultura del suo tempo.
A pochi anni dalla vittoria di Sedan, durante lo sviluppo impetuoso del Reich bismarckiano, il giovane Nietzsche in questo scritto si scaglia contro l’erudizione filosofica e la scienza del suo tempo, contro lo statalismo e la degenerazione del senso storico, per individuare in Schopenhauer, come anche in Wagner – a cui è dedicata la quarta delle inattuali –, i maestri e i modelli con i quali
"possiamo educarci contro il nostro tempo"
L’attacco alla filosofia università e alla storia che, perennemente rivolta al passato, insegna solo la rassegnazione e l’inutilità di ogni programma futuro e di ogni impulso creativo, avviene in questo scritto con un’iniziale caratterizzazione di Schopenhauer, il vero filosofo che, per Nietzsche, sceglie di vivere pericolosamente e di guardare alla vita stessa:
"Pensiamo all’occhio del filosofo fisso sull’esistenza: egli vuole stabilirne di nuovo il valore"
In Schopenhauer, come anche in Wagner, Nietzsche non trova solo dei modelli a cui guardare, ma anche gli esempi più recenti del genio romantico che
"è chiamato per sentire se questo, il frutto supremo della vita, possa forse giustificare la vita in generale; l’uomo magnifico e creatore deve rispondere alla domanda: «Approvi tu nel più profondo del cuore questa esistenza?» Ti basta essa? Vuoi essere tu il suo difensore e il suo redentore? Soltanto un unico sincero "sì!" dalla tua bocca: e la vita così gravemente accusata sarà assolta"
Nella fase iniziale della filosofia di Nietzsche il genio romantico, come il santo e l’artista, è una figura investita di una funzione cosmica, compiutamente esplicitata nella Nascita della tragedia e in questo scritto sottintesa e richiamata a più riprese. Nel genio e nell’artista, ovvero in Schopenhauer e Wagner, si realizzano occasioni in cui la verità incontra se stessa; tali figure, dotate di una superiore sensibilità, sono i luoghi privilegiati in cui il principio ontologico che Nietzsche pone alla base della sua filosofia – l’eterno conflitto tra apollineo e dionisiaco e il tragico che ne scaturisce – si manifesta.
Schopenhauer può a buon diritto combattere (e insegnare a combattere) la cultura del suo tempo perché negare e distruggere sono l’anelito di ogni creatore e di ogni vero filosofo, attraverso il quale si realizza cultura futura:
"esser veridico vuol dire: credere ad un’esistenza che in generale non potrebbe essere negata e che è essa stessa vera e senza menzogna. Perciò il veridico sente nella sua attività un significato metafisico, spiegabile secondo le leggi di un’altra e superiore vita e, in un senso più profondo, affermativo"
Schopenhauer è, allora, anche controfigura dello stesso Nietzsche - come egli stesso riconoscerà esplicitamente in seguito - e nel genio romantico riposano i prodromi del superuomo: l’individuo che, come canta lo Zarathustra, accettando eroicamente le contraddizioni, i conflitti e la tragicità della vita, dice di sì ad essa e la afferma.
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