Storia di mio figlio
- Autore: Nadine Gordimer
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
Una storia familiare per raccontare una nazione lacerata dalla segregazione razziale qual era il Sudafrica negli anni dell’Apartheid. Nadine Gordimer, scrittrice sudafricana, nacque a Springs, una piccola città a cinquanta chilometri da Johannesburg, da padre lituano e madre inglese, entrambi immigrati ebrei. Attivista dei movimenti contro l’apartheid, amica e successivamente una dei più stretti collaboratori di Mandela, dopo innumerevoli premi e titoli onorifici, nel 1991 le venne conferito il Nobel per la Letteratura. Nel discorso che pronunciò per l’occasione ricordò tutti gli intellettuali detenuti in Sudafrica che si erano opposti all’oppressione e alla discriminazione razziale, richiamando agli ideali di uguaglianza come ad un diritto civile tra i più elementari.
In “Storia di mio figlio” il personaggio centrale narrato dal giovane Will è il padre Sonny, un umile insegnante di colore diventato in pochi anni un uomo politico di rilievo. Il racconto ha inizio quando Will, ancora adolescente, incontra suo padre in un cinema in compagnia di una donna bianca, la sua amante. I rapporti sessuali tra razze non erano più fuori legge, ma al tempo l’apartheid era molto sentita. Hannah, questa era il suo nome, era la rappresentante di un’organizzazione internazionale per i diritti umani incaricata di seguire i processi dei prigionieri politici, controllarne la detenzione, e di assistere le loro famiglie. Lei e Sonny, tra mille difficoltà, privazioni, anni di prigionia, saranno legati da un amore profondo e passionale. Will non lo sa ancora, ma la storia di suo padre, prima insegnante, leader rivoluzionario ed eroe nella lotta contro l’apartheid, lo farà diventare uno scrittore. Inizialmente combattuto tra l’amore e l’odio per Sonny, ammirazione e disprezzo, comprenderà alla fine la dolorosa realtà e gli ideali, come l’amore e la passione. Sonny era un autodidatta, amava Kafka e Shakespeare (il figlio ha il nome Will dal nome del drammaturgo inglese). Per i suoi due figli, sostenuto dalla fedele moglie Aila, decise, anche se estremamente pericoloso, di insegnare ai più umili e di lottare per loro contro lo schiavismo e il razzismo.
“Scoprirono che per entrambi il significato della vita pareva contenuto nel vivere una vita utile. Sapevano quel che non era: non era vivere solo per sé, o per i figli, o per i parenti. Sapevano che aveva a che vedere con la responsabilità verso una comunità.”
Auspicava una democrazia, come quelle occidentali, che potesse sconfiggere nel tempo il duro regime totalitario contro i neri, in nome della dignità della persona. I neri uscivano dalle baraccopoli facendo la loro comparsa nella comunità solo di rado, per vendere qualche prodotto della terra, pomodori e cipolle, oppure per fare lavoretti per i signori bianchi, come erigere uno steccato, scavare un fosso, o stendere la biancheria nelle case dei più benestanti. Sonny, sottraendo tempo alla sua famiglia, si impegnò sempre di più nelle riunioni di quartiere e in comizi nelle zone più povere della città. Sapeva, scrive Will, di essere un uomo fortunato, di possedere più conoscenze rispetto agli altri e che le avrebbe dovuto mettere a disposizione per la sua gente.
“Mio padre non aveva solo il rispetto di sé: aveva anche quello della gente, neppure un ubriaco lo avrebbe mandato a quel paese.”
In nessun modo avrebbe potuto sottrarsi agli anni di prigionia in un Paese nel quale la classe dirigente, ormai da decenni, puniva duramente ogni dissenso. La storia di Sonny, la sua grandissima dignità personale, il suo coraggio fa ritornare alla mente il ricordo di Nelson Mandela, Martin Luther King, Malcom X e quanto la libertà si possa pagare a caro prezzo. Un romanzo intenso e appassionante, di lotta, amore e di speranza.
“È una vecchia storia, la nostra. Quella di mio padre e la mia… Certe volte, me ne rendo conto, ho raccontato le cose come non sarei stato capace, nemmeno cosciente, nel periodo in cui quelle cose succedevano: grazie al senno di poi. Quello che ha fatto, mio padre, ha fatto di me uno scrittore. Sono uno scrittore e questo è il mio primo libro che non potrò mai pubblicare.”
Storia di mio figlio
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