

Tre anni
- Autore: Anton Cechov
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2022
Torna in una nuova edizione della casa editrice Elliot Tre anni, un racconto lungo di Anton Čechov, in cui ritroviamo i temi ricorrenti dell’autore: la delusione d’amore, gli inganni della giovinezza, il bisogno e al contempo la paura della solitudine e la finitezza umana.
Nessuno ha scritto meglio sulla mortalità dell’uomo, nessuno psicologo o psichiatra, nessun dottore generico. Forse gli scienziati di questo millennio, che in realtà non si interrogano sulla mortalità umana, ma verificano se esiste un modo per non morire del tutto oppure a tardissima età e senza troppi dolori.
No, stiamo parlando dell’eccellenza nella Letteratura: poiché nessuno ci ha spiegato il passare degli anni come Anton Pavlovic Čechov, che dopo aver snocciolato patimenti, segreti e bugie, disamori, infedeltà, alla fine ci dimostra che arriva sempre il disincanto, la fine delle passioni, la malattia e la morte.
D’altronde, pure se accostato a due altri immensi scrittori come Dostoevskij e Tolstoj per “l’anima russa”, il primo a lasciare il mondo, a causa della tubercolosi, fu proprio Anton Čechov che morì a soli quarantaquattro anni.
In Tre anni (Elliot, 2022) tradotto dal russo da Tiziano Ciancaglini, con una postfazione di Fabrizio Coscia nelle vesti di critico letterario, questa riflessione emerge in tutta la sua potenza.
Il racconto inizia con una veglia in una chiesa. Qui si trova anche Alësa Laptev con la speranza di vedere Julija Sergeevna e passare la serata con lei.
Laptev sa che Julija non lo ama, lo trova brutto, ordinario, di poche letture, ma lui non è solo benestante, è ricco e potrebbe portare tutta la famiglia dell’amata a Mosca, invece di stare in quella cittadina di provincia.
In realtà la ragazza è combattuta. Da un lato pensa: “ecco mi sistemo, trovo il modo di fare contenti i miei genitori e poi vivere a Mosca”.
Julija non ama Alësa, ma non a causa della sua bruttezza. La ragazza conosce la bontà di Laptev vedendolo sempre al capezzale della sorella, Nina, malata di una neoplasia. Era un uomo buono e gentile, con cui lei tuttavia si annoiava tremendamente.
In altri racconti o nei suoi drammi famosi, Il Gabbiano, Zio Vanja, Tre sorelle, Il giardino dei ciliegi, la noia è il grande nemico delle relazioni umane ed è presente soprattutto nelle persone buone, mentre uomini e donne di bell’aspetto sono divertenti, ma in realtà cattivi e meschini.
Ma anche questa semplificazione non sempre tiene, in Čechov, per cui ci sono anche donne belle e di grande bontà. È proprio lo scrittore che vede l’essere umano, nella sua complessità.
Tornando al racconto, dopo aver lasciato la sorella, Alësa si accorge che Julija ha dimenticato l’ombrello, abbastanza anonimo e di poco prezzo, ma tenendolo in mano Laptev si ricordava la risata della padrona dell’ombrello, il suo non essere provinciale, perché Julija ha studiato a Mosca, per anni.
Quando le riporta l’ombrello, chiede alla ragazza di sposarlo; ma lo dice in maniera stramba dopo averle dato una sonora strigliata dicendole che si diverte a non fare niente, che il lavoro fortifica l’animo, ci rende indipendenti e degni di stare al mondo. Quindi Julija si sente prima offesa, poi confusa dopo aver capito le intenzioni di Laptev, ma poi si decide a sposarlo, perché in fondo conosce molte coppie che non si amano ma che, per il bene dei figli e l’unità familiare, si abituano a stare unite.
Una volta a Mosca, Julija viene a sapere che il negozio di mercerie di Laptvev va molto bene. Il marito le confida che lavorava in quel posto da quando aveva otto anni e veniva picchiato regolarmente dal padre.
Dopo il matrimonio Julija conosce gli amici di Laptev, i suoi sottoposti, e scopre così che il marito si lamentava in giro di aver sposato una ragazza che non l’avrebbe mai amato.
Ma con Čechov niente è mai scontato, i sentimenti delle persone cambiano.
La grandezza delle sue pagine è data dalle intermittenze del cuore e dai fatti reali che si uniscono insieme e fanno una nuova realtà. Lo scrittore sa che tutto cambia nel cuore degli uomini e delle donne, che niente è immutabile.
Come possiamo pensare che la vita di Julija si possa cristallizzare nel “non-amore” per il marito, quando entrambi hanno perso una figlia?
Il dolore cambia, toglie e aggiunge pregiudizi. Nella scrittura di Anton Čechov c’è una grande vitalità e stranamente un dolore cupo, non curabile, figlio della nostra mortalità. Nessuno vivrà mai abbastanza a lungo da mettere ordine nella propria vita.

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