Una buona madre
- Autore: Catherine Dunne
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
Nella Collana “Narratori della Fenice” Guanda pubblica Una buona madre (titolo originale A Good Enough Mother,traduzione di Ada Arduini), il nuovo romanzo di Catherine Dunne, grande scrittrice irlandese nata nel 1954 a Dublino, dove vive, che ha esordito nel 1997 con La metà di niente, subito diventato un bestseller internazionale.
Il tema della maternità è il protagonista del dodicesimo romanzo di questa scrittrice sensibile e ardimentosa, la quale, fin dal suo splendido esordio, si è occupata delle problematiche femminili, di quanto sia difficile affermarsi per una donna, in un mondo dominato dal potere maschile, soprattutto nella sua terra natale, l’Irlanda.
La celebre autrice irlandese, in queste pagine, con una prosa scorrevole e realista, raccoglie la storia di più personaggi femminili, madri coraggiose, imperfette e forti, chiarendo subito che:
Gli atteggiamenti radicati nei confronti della maternità richiedono molto tempo per cambiare.
Chi è una buona madre?
Tess Doherty, moglie di Mike McGrath e madre di Aengus e Luke, dopo essersi sposata ha mantenuto il nome da ragazza. Nell’estate dublinese del 2019, Tess sta vivendo un momento difficile, suo figlio minore, Luke, è diventato un teppistello e si è messo nei guai.
Betty, madre di Tess e di altri sei figli, è invece rimasta sola dopo la morte di suo marito Jack. Osservare la poltrona vuota che ancora conserva l’impronta del corpo di un uomo che non c’è più, è l’occasione per Betty per ripensare al passato, alla sua vita dedicata ai figli, a tutte le ore spese per la sua famiglia numerosa. Adesso questi uomini e queste donne adulte “venuti fuori da noi” sono sparsi per il mondo, hanno lasciato il nido da anni. Solo Tess è rimasta a vivere a Dublino ed è stata l’unica ad avere figli.
Tess, la figlia più grande della nidiata, costretta a fare da madre ai più piccoli e per questo un po’ in collera con sua madre Betty, che deve farsi perdonare da sua figlia.
Il 14 febbraio 1979, giorno di San Valentino, a St Brigid la giovanissima Maeve ha partorito una bambina che ha chiamato Belle. La partoriente ha ancora nelle orecchie le urla di Joanie, alla quale hanno portato via di notte il suo bambino mentre dormiva. Nella cattolica Irlanda, non è ammesso restare incinta nel peccato, fuori dal vincolo matrimoniale, una colpa da punire con severità, affinché sia un monito per generazioni future. Ecco perché in Irlanda esistono tanti istituti per ragazze madri, vere e proprie prigioni per queste povere ragazze indifese, abbandonate anche dalle loro famiglie, alle quali vengono sottratti i figli per essere venduti all’estero.
Nel 1960 la ventenne Eilen arriva a Londra dall’Irlanda, sola e incinta. Il suo ragazzo Kevin, che fino a poco tempo fa le aveva giurato amore eterno, ha messo in mano a Eilen una busta con dentro cinquanta sterline e l’indirizzo di sua sorella a Londra che “ha accettato di aiutarla”. Il significato di questo gesto è chiarissimo, ecco perché Eilen ha strappato la busta. Ciò però non ha impedito che a Londra suo figlio fosse stato adottato illegalmente, senza i documenti richiesti, da una “famiglia rispettabile”. Quella stessa che ha ostacolato tutti i tentativi di Eilen di trovare suo figlio:
L’hanno lasciato andare nel mondo senza dirgli chi fosse sua madre, né come contattarla.
In Irlanda gli istituti per le ragazze madri e i loro bambini (Mother and Baby Homes) facevano parte di una più ampia struttura di controllo, creata e finanziata da una complicità tra Chiesa e Stato, che tra il 1922 e il 1998 tenne 56.000 donne e ragazze in una condizione di isolamento coercitivo.
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