La scatola dei bottoni di Gwendy
- Autore: Stephen King
- Genere: Horror e Gotico
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2018
Uno Stephen King minore è pur sempre uno Stephen King. Lo è nei pregi come nei difetti. Comincio da questi ultimi, riferendomi nella fattispecie a “La scatola dei bottoni di Gwendy” (Stephen King e Richard Chizmar, Sperling & Kupfer, 2018): la sensazione di deja vu (l’espediente del patto con un imbonitore luciferino era già, per dire, in “Cose preziose”; Castle Rock in reiterata accezione di microcosmo-archetipico e duale; una visione del mondo manichea da cui discende la stereotipia - funzionale - di situazioni e personaggi), il climax tirato via ed un finale, mi è parso, altrettanto.
I pregi sono quelli che fanno di Stephen King uno scrittore con cui fare i conti, finanche nei suoi romanzi meno riusciti. Discendono in primo luogo dal colore della sua scrittura: se al re del Maine dareste da redigere la lista della spesa, riuscirebbe a cavarne fuori qualcosa di attraente; qualcosa capace di prenderti per la collottola e non lasciarti in pace fino all’ultima pagina.
Durante la lettura di questo felicemente smilzo “La scatola dei bottoni di Gwendy” (buona parte dei romanzi mainstream di Stephen King potrebbe essere sfoltita di almeno un terzo) ho cercato di resistere alla (sterile) tentazione di risalire alla paternità delle pagine del romanzo - quanto di Stephen King e quanto del co-autore Richard Chizmar? -; data l’abbondanza di topoi kinghiani, il plot mi è sembrato invece riconducibile al re senza alcuna intromissione: puro stephenking-style fino al midollo. In poco più di duecento pagine (interlinea quasi doppia, con illustrazioni) seguiamo il romanzo di formazione di Gwendy Petersen: da cicciottella dodicenne vessata dal bullo di paese a ragazza bella & capace che ne ha passate di cotte e di crude. Anche per via di una scatola (una sorta di neo-lampada di Aladino senza scadenza), ricevuta in dono da tale Mr. Farris (mai accettare caramelle da uno sconosciuto), man in black tanto sui generis quanto misterioso. La scatola magica è di forgia antica, solida, di mogano, coperta da una serie di bottoni colorati. Ne schiacci uno e ottieni sempre qualcosa: buona o cattiva dipende da chi preme.
Messa così la lettura si annuncia da fiato sospeso: alla prova dei fatti il romanzo è scritto con mestiere (ci mancherebbe) e anche se non brilla troppo in originalità non mancano le circostanze in cui raggiunge il suo scopo. Inoltre - diamine! - un libro di Stephen King va accolto a prescindere, come atto di fede.
La scatola dei bottoni di Gwendy
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Spero che il suddetto non abbia scritto neanche una pagina del libro.
Presa in giro: poco più di 200 pagine di testo di cui almeno 100 in bianco, scritte in un modo che sarebbero state meglio in un libro di 50 pagine tanto erano poche le parole per pagina.
Vergogna! Detto da uno che possiede tutti i libri scritti da Stephen King e possiede anche tutti i libri che parlano di Stephen King.