A sud di nessun nord
- Autore: Charles Bukowski
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
«Come può dirvi chiunque, non sono un tipo molto gradevole. Non so nemmeno cosa voglia dire. Ho sempre ammirato i cattivi, i fuorilegge, i figli di puttana. Non mi piacciono gli uomini perfettamente rasati, con la cravatta e un buon lavoro. Mi piacciono gli uomini disperati, con i denti rotti, il cervello a pezzi e una vita da schifo. […] Ho anche un debole per le donnacce, quelle che si ubriacano e bestemmiano, che hanno le calze molli e il trucco sbavato. Mi interessano più i pervertiti che i santi. Mi rilasso con gli scoppiati perché anch’io sono uno scoppiato. Non mi vanno le leggi, la morale, la religione, le regole. Non mi va di essere plasmato dalla società.»
Eccolo qui, il testamento spirituale del vecchio Charlie, messo in bocca a Hank nel racconto “Tu sì che hai fegato” ma riferibile tranquillamente all’autore. Grandezza e limiti di Bukowsky sono un po’ tutti racchiusi in questa carta di identità che lo schiera al fianco degli ultimi, dei diseredati, degli uomini ai margini di tutto. Senza nessun barlume di luce, anche lontano: non c’è riscatto, non c’è via di fuga, non c’è scampo da un destino che ha segnato con una croce la vita dei malcapitati anti-eroi dello scrittore più maledetto d’America; un America vista in controluce, o forse, direttamente, al buio, dove il grande sogno sembra lontano come il paradiso.
Anzi, l’american dream qui non sembra neanche esserci mai stato. Scompare finanche il confronto con una realtà che potrebbe essere diversa ma di cui si perdono i punti di riferimento come un sud, appunto, a cui al danno di essere sud si aggiunga la beffa di non aver neanche un nord da sognare.
27 racconti che sono altrettanti pugni nello stomaco del lettore, chiamato suo malgrado a fare i conti con vecchi ubriaconi e squallide prostitute, cinici e bari, maniaci e stupratori, ladri e assassini: un caleidoscopio che affonda nei bassifondi della vita alla ricerca della quintessenza della sregolatezza e del cinismo. Un po’ come prendere un ascensore per l’inferno, dove si scende, si scende e non ci si ferma mai.
E in questa discesa c’è anche tutto il limite di un romanziere che padroneggia con cinica destrezza la creta da cui fa emergere le proprie invenzioni, ma che sembra non riuscire a svincolarsi dalla sua morsa mortale. E, in ultima analisi, appare un po’ girare su se stesso. Quello che manca è il guizzo creativo che spinga il racconto fuori dalle sabbie mobili della disperazione, un personaggio al di sopra delle parti. Un pizzico, ad esempio, solo un pizzico di quel John Fante di cui pure lo stesso Charles fu mentore.
A sud di nessun nord. Storie di una vita sepolta
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