Doppio umano
- Autore: Fabio Izzo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2012
Metti insieme la Polonia, l’Africa, la poesia, “l’umanità segnata dalla sofferenza, dalla condizione razzista, da reietto, da paria” e da ciò nasce “Doppio umano” di Fabio Izzo. E’ la storia, come si intuisce nell’evolversi degli avvenimenti ma soprattutto come si legge nel finale, di un rifugiato politico del Camerun; questi che là era giornalista e poeta, si vede costretto a lasciare il proprio Paese e a chiedere asilo politico in Polonia. Perché proprio lì? L’unica risposta ruota attorno ad un destino simile, quello di un altro poeta, Nazim Hikmet, nato in Turchia e naturalizzato polacco.
La vita in Polonia è assai difficile. S., il protagonista che narra la propria esperienza in prima persona, vive con davvero poco, con il minimo sussidio di chi è immigrato e rifugiato politico.
“Sono un esule, un immigrato, un punto di apertura in un mondo chiuso...”
Quanta amarezza nei suoi pensieri:
"Gli ultimi, quelli che dovevano ereditare la terra e invece rimangono sempre e comunque gli ultimi, gli ultimi e gli ultimi, sempre e solo ultimi... già, come me, perché io sono uno degli ultimi."
Il freddo della terra polacca si mescola ai ricordi del caldo Camerun dove il protagonista già leggeva le poesie di Hikmet.
“Lui che per molti era solo un poeta, nel mio universo emotivo era un uomo che ce l’aveva fatta.
L’uomo che per cercare di salvarmi dovevo emulare.”
Spesso il protagonista, reduce da anni di sofferenze, si fa forza guardandosi allo specchio e recitando come un mantra il nome del poeta da cui lui trae ispirazione:
“Ripetere un nome forte come quello di Nazim Hikmet mi fornisce forza e coraggio.
Dimenticare il mio nome precedente serve ad alleviare le ferite.”
Ora è a Varsavia, o meglio, come dice lui, “Qui, in riva alla Vistola”, dove è difficile trovare riparo, dove si lotta con il freddo e con la fame, dove, a tratti, i ricordi del passato si mescolano con il presente. Sotto questo cielo piatto, grigio, l’uomo fa le prime amicizie, stringe contatti anche con qualche giornalista che vuole intervistarlo. Certo, non rifiuta. Raccontare la sua storia gli darà qualche soldo in più e gli permetterà di mangiare ogni tanto un po’ di cibo decente, non il poco che lui si può permettere.
Ma questa è anche una vicenda di sangue che ha inizio in Africa attraverso riti magici in cui esso viene versato; quel sangue, portatore di vita, assume nella storia il ruolo di carnefice poiché causerà anche più morti, quel sangue infettato dall’HIV mette il protagonista al centro di una vicenda sociale e giudiziaria in mezzo ad un’umanità che lui, amaramente, definisce “marcia e condannata”. L’io narrante percepisce se stesso ancora come "nero", come se il colore della sua pelle portasse già manifesta la malattia, quasi ne fosse il marchio. Reagisce al suo destino in modo impensabile e, agli occhi del mondo, da condannarsi.
Per chi legge, però, resta la possibilità di vedere le cose anche un po’ più da lontano e di comprendere che tante sono le dinamiche della storia: dai ricordi ancestrali, ai retaggi culturali, all’emarginazione.
Il protagonista, nella sua unicità, è dilaniato dal dolore e dalla sofferenza fisica e morale. Il suo esser uomo si scinde, diventa doppio e dà origine a tutto il bene e il male possibile.
Il libro racconta una storia tragica e amara. Fabio Izzo la narra alternando il presente ai ricordi, usando frasi brevi e ad effetto, descrivendo uno degli ultimi fra gli ultimi come uno dei tanti perché tutti noi abbiamo un destino che in parte ci costruiamo ma sul quale il passato e l’ambiente hanno influito rendendoci, a volte, succubi di situazioni che di certo non avremmo voluto vivere oppure condizionando il nostro modo di pensare e facendoci fare anche scelte sbagliate. Non ultimo c’è, come negli altri romanzi dell’autore, un forte riferimento alla poesia che innalza chi legge e chi scrive e che è la testimonianza dell’ampio mondo letterario e culturale in cui spazia lo scrittore.
Doppio umano
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