Hotel Odeon
- Autore: Alessandro Ticozzi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Inutili girarci attorno ricorrendo agli eufemismi: Alessandro Ticozzi non è uno scrittore. Non lo è e con tutta probabilità non lo sarà mai. Tuttavia il giudizio non vi suoni tranchant, la metto in altro modo: Alessandro Ticozzi non è un romanziere.
L’ambito all’interno del quale si esprime del tutto a proprio agio è quello saggistico. Ticozzi ha scritto, scrive e scriverà di cinema. Semmai l’idea gli frulli per la testa, non riuscirà mai a liberarsi della sua ossessione. Il cinema italiano che fu (il cinema di genere neorealista e quello della commedia anni Sessanta, in special modo) gli è entrato dentro come una nostalgia, poco da fare.
Sfogliando una pagina qualsiasi di questo suo breve racconto dialogico, “Hotel Odeon” (Edizioni Sensoinverso, 2016) è questa la verità che salta agli occhi. La forma narrativa è un pretesto: “Hotel Odeon” è in realtà pura microstoria del cinema italiano (il cinema dei padri della patria: Rossellini, De Sica, Visconti, Bolognini, Comencini, Monicelli, e via andare) riesumata in bignamino di una trentina di pagine, suppergiù. Pagine apodittiche per comprovare la passione (ai limiti dell’autodafè - ma chi vuoi che si interessi più a quel genere di visioni?, dixit) e anche la competenza di un agit prop cinematografico senza requie.
Con la trama (?) me la sbrigo in due parole: nel bel mezzo di una notte senza sonno il trentenne Andrea (protagonista in cui è facile riconoscere l’autore stesso) abbandona la sua stanza dell’Hotel Odeon dove alloggia e scende nella hall dove si intrattiene con il settantenne portiere dell’albergo, avendone testato la passione per il cinema di una volta. Da qui l’articolato botta e risposta su film e registi italiani dal secondo dopoguerra, con qualche divagazione fuori tema e diverse incursioni negli anni Settanta più autoriali.
Il racconto è tutto qui. In “Hotel Odeon” non succede nient’altro. Sono i dialoghi (giocoforza un filino didascalici) a reggere il filo di una narrazione dai meriti idealistici, srotolata a ritroso nel tempo. Come evidenzia Giacomo Scarpelli nella sua postfazione al librino:
“Hotel Odeon è una piccola pièce densa e breve allo stesso tempo, percorsa da un sano intento non propriamente didattico, bensì viene da dire, invogliante. Mette cioè voglia di tornare a quel certo cinema italiano del secondo Novecento, forse non solo da spettatori”.
Appunto: per la sua prosa agevole e le informazioni essenziali, il volumetto è consigliabile come primo approccio storiografico ai lettori più giovani e/o ai neofiti del genere. Sul filo dei ricordi, l’interessante prefazione al testo di Giuliano Montaldo.
Hotel Odeon
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