Il Giardino degli Aranci
- Autore: Dario Voltolini
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2022
La prima cosa che risulta evidente al lettore del breve romanzo di Dario Voltolini è la qualità della scrittura, e l’originalità con la quale il punto di vista del narratore, che si rivolge con il tu al protagonista, Nino Nino, emerge nel corso del racconto.
Il Giardino degli Aranci (La nave di Teseo, 2022) comincia nel luogo che dà il titolo al libro, all’Aventino, dal quale si scorge sullo sfondo il Cupolone di San Pietro, e dove, su un muretto, mentre come per magia si sentono le note della fortunata canzone My Favorite Things, siede in attesa, stranamente puntuale, Luciana, in abito rosso. Una compagna di liceo, inseguita, amata, e poi persa di vista: lei si era messa insieme al suo amico Attilio, attirata dalle attenzioni giornaliere di Nino Nino ma anche frenata dai suoi silenzi. Si erano incontrati dopo tanto tempo all’Ikea. Lui architetto, sposato, bravo professionista, passava nel grande negozio svedese attratto dai
“componibili/dilatabili/modulari […] dai tavoli di vetro, di legno, di metallo, di resina, di piastrelle, di pietra, di fibra di carbonio […] Anche i tavoli erano come le voci, nella sua testa”.
E poi nella vita di Nino Nino tanti incontri di donne, bambine come Ilaria, Paola Paola che c’è sempre stata, e poi Ester “dai fianchi larghi e capienti, aveva la vita più stretta dei fianchi […] pareva una clessidra”, e ancora Filippa, magra e scattante, che d’estate arrivava in bicicletta in mezzo al gruppetto di amici, assimilata all’immagine di una giovane puledra, nervosa, pronta a imbizzarrirsi, che “Arrivava e scompariva, salutava, nitriva e se ne andava”. Samantha, adolescente, al mare gioca con Nino Nino e i suoi amici a Guardie e ladri: un’atmosfera gonfia di presagi sessuali mai esplicitati, un clima di corse e rincorse dietro le cabine, una memoria che ricorda il celebre romanzo di Moravia, Agostino. Per la prima volta la bionda nordica Samantha permette un contatto fisico al giovane inesperto, che fantastica sulla pelle bianca, liscia, che riesce a sfiorare, mentre avviene in lui “una specie di cortocircuito”, col piede della ragazza che si appoggia sulla sua mano nella frenesia del gioco.
Un’infanzia e una pubertà raccontate attraverso l’incontro casuale con i corpi femminili, bambine, come Sophie, che viene salvata dal prode marinaio Nino Nino mentre si era allontanata sul materassino portato lontano dalla corrente, celebrato come un giovane eroe.
Memorie e quotidianità, vita banale e sogni: la lingua quasi lirica di Voltolini ci consente di vedere immagini come filtrate dalla parola letteraria, poetica, leggera. Il giardino, metafora dell’Eden, è il luogo di partenza di questa rêverie, un luogo nebbioso, dove è scesa come per incanto una leggera foschia che sembra voler nascondere tutto ed erigere un muro alto e impenetrabile tra la Città Eterna, Nino Nino e Luciana, il sogno infranto di una giovinezza lontana, di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Alla fine di questo insolito fantasticare Nino Nino scende a piedi dall’Aventino, il colle mitico, percorrendo una strada insolita, per avvicinarsi al fiume, alla quotidianità del traffico cittadino. Tra poco sarà a casa, accolto da moglie e figli, che di lui sanno già tutto, senza che lui parli o spieghi. L’odore del roseto comunale, al lato del Circo Massimo, si stempera nella luce del tramonto romano.
Il Giardino degli Aranci
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