Il libro Franza
- Autore: Ingeborg Bachmann
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2024
I paralipomeni sono “le cose tralasciate, omesse”. Il libro Franza di Ingeborg Bachmann (proposto ora da Adelphi in una nuova edizione filologicamente rivista, trad. di Magda Olivetti, prefazione di Luigi Reitani) si basa su omissioni: è un libro incompiuto, l’autrice non lo avrebbe mai concluso giungendo solo fino al terzo capitolo, ma proprio in questa apparente indefinitezza risiede la sua forza.
È un romanzo che costantemente ricomincia, si compone di più stesure, è come una mise en abyme, una storia nella storia, che nel continuo essere rivista e raccontata si eleva sino a sublimarsi. La trama la sappiamo fin dal principio, eppure viene costantemente riformulata nelle cinque prefazioni poste dall’autrice come introduzioni alle sue letture: un giovane storico viennese, Martin, parte per il nord Africa per motivi di studio, ma alla vigilia del suo viaggio scopre di doversi occupare della sorella maggiore “Franza”, diminutivo di Franziska, che da tempo vive a Vienna sposata a un noto medico viennese.
Franziska accompagnerà il fratello nel suo viaggio attraverso il deserto, dove, infine, emergeranno i segni della sua malattia e dei soprusi subiti e troverà la morte. L’esperienza del deserto, riassunta nella celebre sezione Libro del deserto, diventa un viaggio allucinatorio attraverso la malattia e il dolore umano.
Il libro Franza rappresentava infatti idealmente il secondo capitolo di Cause di morte, il progetto narrativo avviato da Bachmann con Malina (1971): una sorta di “compendio dei delitti commessi nella nostra epoca”. Mentre il tema narrativo predominante, negli anni Settanta, era la rivisitazione della retorica del male nazista, Bachmann sceglie di concentrarsi su una violenza di altro genere (più sudbola e attuale): la donna che si identifica nel suo ruolo di vittima e, così, si consegna nelle mani del suo carnefice.
Il libro si interroga sulla natura del Male, ma è anche un continuo rifacimento del pensiero che si propone una riflessione in apparenza molto astratta: indagare i delitti che si possono compiere, anche in modo innocuo, inconsapevole, in una società culturalmente elevata. La peculiare struttura reiterativa della storia, che continuamente ricomincia, convince il lettore a guardarsi dentro.
I delitti a cui alludo sono quelli di una società elevata che, in virtù della loro raffinatezza e, se si vuole, in virtù del loro grado di intellettualità, ogni giorno possono essere commessi segretamente e impunemente davanti ai nostri occhi.
Al centro della trama c’è il caso Franza: una donna trasformata in vittima e cavia dal marito, un noto luminare della psichiatria, che negli anni ha fatto di lei l’oggetto delle sue ricerche. Ingeborg Bachmann lo definisce un esempio di “fascismo privato”, poiché alla donna viene sottratta a poco a poco la sua libertà, si trova a vivere in una camera a gas in nome dell’amore. Cerca la salvezza nel fratello Martin, con cui ha condiviso un’infanzia idilliaca in Carinzia (terra dalla parvenza quasi mitica); il rapporto tra i due fratelli è volutamente ambiguo e sfiora il tema dell’incesto in cui l’autrice coglieva un’unione mistica, una natura androgina e quindi perfetta, come dimostra il titolo originario del secondo capitolo, Iside e Osiride, rielaborazione del mito egizio. Martin, il fratello di Franza, rappresenta l’amore che cancella l’angoscia e scardina la violenza degli uomini.
Il loro legame complementare è cementato dalla rivisitazione della poesia di Musil, presente nel libro:
Di cento fratelli questo solo. E lui le mangiò il cuore.
E poi?
E lei il suo.
Franza, prima di morire, riuscirà a trovare la propria verità nel deserto, abbagliata da una luce accecante, che la sovrasta: in quello spazio immenso, allucinatorio, ha la propria visione. È in quel luccichio di sabbia, senza ombra per miglia e miglia, che pare avviarsi una sorta di purificazione.
Il deserto è il paesaggio rivelatore, dove appare chiaro che nella civiltà si compie un continuo atto di sopraffazione: homo homini lupus, la vita viene riconosciuta come lotta, come scenario di un continuo delitto. Lo ammette la stessa protagonista quando dice: “Io potrei uccidere, ma non so uccidere”.
Il paesaggio desertico appare circondato da “attese di Dio infrante”. La scrittrice infine formula la propria sentenza laica adottando espressioni di biblica memoria:
Nulla verrà. Ma in verità vi dico: nel deserto, qui, un tempo, deve esserci stato Dio.
La constatazione dell’illusoria supremazia dell’uomo bianco è una delle parti più illuminanti dell’intero romanzo. Il deserto rappresenta la salvezza, mentre una volta giunta al Cairo, Franza ritrova i simboli della sopraffazione che caratterizzano ormai l’Occidente: un cammello in agonia in una pozza di sangue, una donna legata mani e piedi dal marito nella quale la protagonista, in un atto inconscio, si identifica. Lei è pazza, dicono tutti, giustificando la sua prigionia; ma Franza è la prima - e Bachmann con lei - a mettere in discussione quell’affermazione, ribaltando i ruoli di vittima e carnefice. Dall’individuale al generale, le riflessioni assumono ben presto una valenza universale. L’epifania si svolge in una cena, a Wadi Halfa, quando Franza condivide un pasto comune con degli arabi silenziosi che le porgono pezzi di pane perché divida il loro piatto. La più estrema forma di comunione divina si avvera nei “dannati della terra”. In quell’istante la protagonista ha piena coscienza di aver assistito a una predica che nessuno ha formulato ad alta voce, eppure è antica quanto il mondo, “l’alleluia della sopravvivenza nel Nulla”:
L’uomo bianco è inferiore, e teme che io lo dica. (...) L’uomo bianco è inferiore, debole, un nessuno, una sciocca istituzione che vuole controllare l’operato degli altri, senza concorrenza.
Ingeborg Bachmann scardina ogni certezza, ribalta e sovverte, ed è proprio tramite le diverse e plurime prospettive narrative che ci consegna il ritratto più vero e incomprensibile della realtà, dove dominano i bisogni fondamentali dell’uomo (la fame, la sete ricorrono in maniera insistente nel Libro del deserto, una continua arsura) e poi il desiderio che smentisce la ragione, mostrando la contrapposizione inoppugnabile tra pulsioni e morale.
Dopotutto i “paralipomeni”, le cose omesse, sono la parte più importante: ce lo insegna la psicologia, proprio come la letteratura, è lì che risiede la verità.
Il libro Franza
Amazon.it: 13,29 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il libro Franza
Lascia il tuo commento