Il sorriso di Angelica
- Autore: Andrea Camilleri
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2010
“Il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto”.
Nella nota alla fine del libro, Andrea Camilleri parla del motivo ispiratore de "Il Sorriso di Angelica": a Roma, qualche tempo fa, una banda di ladri ha svaligiato numerosi appartamenti con la stessa tecnica descritta nel romanzo, da questo fatto di cronaca ha desunto la traccia da dove prende l’avvio la storia, ma per quali tortuosità poi, prosegue e finisce, lo sa solo la sua fantasia.
Incipit medesimo: arrisbigliamenti di Montalbano, questa volta non è solo nel letto, c’è Livia, ma ha già dimenticato la sua presenza dormiente. Il romanzo inizia con un sollenni moto di gelosia di Montalbano e nel corso della narrazione Salvo sarà geloso, furioso e libidinoso ai limiti della lascivia.
Una serie di furti nelle case di noti professionisti animano il commissariato di Vigàta. Montalbano è alle prese con questi reati e come sempre diventa una partita personale tra lui e l’autore o gli autori dei medesimi reati. A scompaginare la faccenda, la presenza di una bella trentina, di Trieste, di “stanza” a Vigàta, pardon, cassiere capo alla Banca siculo americana, anche lei vittima di questi ladri, che farà perdere il lume della ragione a Salvo. La vicenda giudiziaria si complicherà a seguito di due omicidi, ma questo farà parte delle indagini il cui corso lasciamo a tutti quelli che leggeranno il libro.
La presenza che primeggia e dà il titolo al romanzo è femminile, quei ritratti di "femmina" che forse sono retaggio della gioventù dell’autore, in questo caso contaminato da reminescenze letterarie, ma così conturbanti e di bellezza dirompente da far uscir di senno. Il primo incontro è un’apparizione metafisica, la donna di carta, l’Angelica dell’Ariosto che s’incarna nella realtà. “Era precisa ‘ntifica, ‘na stampa e’na figura, con l’Angelica dell’Orlando furioso, accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carne, a sidici anni, talianno ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré che so zia gli aviva proibito”. E’ solo il principio di una passione tanto improvvisa quanto tardiva; non è la prima volta che il nostro eroe si trova invischiato nelle maglie degli spasimi amorosi e di esserne letteralmente travolto come un adolescente, infatti frammisti, sono inseriti due versi della poesia di Cardarelli Adolescente “Un pescatore di spugne,/ avrà questa perla rara”. La confusione fatta tra il sogno di picciotto, ogni pensiero ed incontro con Angelica sono intercalati da versi dell’Orlando Furioso, e la realtà di uno squasi sessantino, lo rendono ridicolo, non era dignitoso per un uomo come lui dare di sè spettacolo indegno e miserabili. Sensi di vrigogna e pentimenti non gli impediscono di abbandonarsi con tutti i sensi tra le braccia di Angelica “Pieno di dolce ed amoroso affetto/alla sua Donna, alla sua Diva corse/che con le braccia al collo il tenne stretto…"
Romanzo su romanzo, il commissario si priva della sua scorza esteriore e si disarma di volta in volta che l’età avanza. La sua è un’anàbasi indotta dall’incalzare del tempo che ce lo rendono sempre più indifeso, solo, e la sua millantata ed incauta improntitudine è una difesa sempre più debole. Le sue sfuriate memorabili, i suoi colpi di scena sono in difetto rispetto ai suoi dialoghi interiori in cui il suo io ha il sopravvento.
Mentre Salvo acquista sempre più sfaccettature introspettive e sembra uscire dalle pagine scritte come la vagheggiata Angelica, gli altri personaggi, senza sminuirli, sono cristallizzati nei loro ruoli come maschere teatrali. Se di teatro si tratta con tutte le messinscena immaginabili, quello di Camilleri è imperdibile, da teatro di prestigiosa memoria.
La scrittura sta subendo un’irreversibile mutazione verso la lingua dialettale, una naturale anastomòsi più involuta e più aderente alla tradizione orale, direi ermetica nei suoi vocaboli così fissati nel tempo. La lettura diviene così un esercizio acrobatico, linguistico-espressivo anche per chi è siciliano.
Senza enfasi né lodi sperticati chioserei con uno slogan trito e un po’ frivolo: Camilleri è sempre Camilleri e…Montalbano è sempre Montalbano anche quando corre il rischio di essere nazional - popolare o considerarlo solo un marchio di garanzia.
Autore Andrea Camilleri (1925) è autore di oltre 60 romanzi tra storici, civili e polizieschi, e di diverse raccolte di racconti, tradotti in più di 30 lingue. Vincitore di numerosi premi in Italia e all’estero, è noto al grande pubblico anche per i romanzi dedicate alle inchieste del commissario Montalbano, da cui è stata tratta la fortunata serie televisiva. Tra i tanti titoli ricordiamo: “La forma dell’acqua”, “Il cane di terracotta”, “Il ladro di merendine”, “La voce del violino”, “La stagione della caccia”, “Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”, “La gita a Tindari”, “Maruzza Musumeci”, “Il casellante”, “Il campo del vasaio”, “L’età del dubbio”, “Un sabato, con gli amici” “Il sonaglio” “ La caccia al tesoro”…
A cura di Arcangela Cammalleri
Il sorriso di Angelica
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Ne Il sorriso di Angelica (Sellerio, Palermo, 2010), che ruota attorno a furti compiuti in alcuni appartamenti di Vigàta, si trovano gli ingredienti tipici del giallo, fatta eccezione stavolta dell’omicidio: il depistaggio e le tante congetture, la complicità e la finzione. Anche lo stretto
rapporto tra il sogno e la realtà, che è una cifra quasi costante della scrittura di Camilleri, è rinvenibile nel corso delle vicende. Non c’è alcuna frattura tra la dimensione onirica e quella della quotidianità: ciò che viene sognato può, anzi, configurarsi come fatto di premonizione, utile all’investigazione. Oltre a tutto questo, s’interseca con imprevedibili intrecci polizieschi un modo di essere di Montalbano che dà luogo ad emozioni e sentimenti, a sensi di colpa e a decisioni assunte con determinazione. Egli è ora travolto dalla passione amorosa in modo così forte da fargli
occultare in un rapporto al questore alcuni dati che avrebbero di sicuro danneggiato il prestigio di
Angelica, la giovane donna fatale conosciuta nel corso dell’inchiesta. Quando si reca a casa sua
per gli accertamenti del caso, le appare identica all’Angelica dell’Orlando Furioso per la quale, da
studente, aveva provato un vagheggiamento del tutto platonico:
"accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carni, a sidici anni, talianno ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré che so zia gli aviva proibito (…) e pirdiva bona parti delle nottati immaginandosi di fari con lei cosi accussì vastase che non avrebbi mai avuto il coraggio di
confidari manco all’amico cchiù stritto".
Il dialogo tra lui e l’Angelica reale si svolge adesso in un’atmosfera che, di volta in volta in base alle occasioni del momento, gli richiama alla mente versi dell’Ariosto. Ma egli non smetterà di pensarla con uno stato d’animo conflittuale:
"Mezzo Montalbano gli diceva di fari in modo di non vidirla cchiù. E l’altro mezzo ‘nveci non pinsava ad altro che al momento in cui l’avribbi avuta vicina”. Non sapeva come uscirne fuori: Ma non ci potiva fari nenti, troppo combaciava l’Angelica che aviva allato con quella della so memoria di picciotteddro".
Con il passare del tempo, il dissidio si fa sempre più lacerante:
"Tutto il sò essiri l’addisidirava, ma ‘na parti delciriveddro ancora gli faciva resistenza".
Alla fine spesso è la realtà a fare da transfert, a smitizzare l’idealizzazione:
"musica di violini in sottofunno come al ginematò? E ‘nveci era stata ‘na cosa squasi banali, nenti di straordinario, ‘na mezza dillusioni. Tutto sommato, si era trattato di ‘na speci di baratto di corpi".
Proprio questa disillusione, che s’impone sul fascino dell’incanto, gli facilita l’esecuzione di un compito ingrato. Al momento della notifica del suo arresto, Angelica non batte ciglio, quasi cinicamente gli sorride; da parte sua, Montalbano, anche se addolorato per quanto le era accaduto, svolge, e stavolta senza alcun tentennamento, il dovere di commissario.