Io uccido
- Autore: Giorgio Faletti
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2003
"Io uccido" di Giorgio Faletti è senza dubbio uno dei casi letterari più controversi della recente storia editoriale italiana. Osannato da molti come un vero e proprio capolavoro, ha anche subito pesanti critiche: da quella di “scopiazzamento” dei maestri del thriller americano – Jeffery Deaver o Michael Connelly, per intenderci – a quella, rivolta allo stesso Faletti, di essere un artista senz’arte né parte, riciclatosi da comico a scrittore. A dividersi non sono stati solo i critici, ma anche i lettori si sono letteralmente spaccati a metà. In realtà, come accade spesso in questi casi, la verità sta nel mezzo.
"Io uccido" è un thriller gradevole, mediamente avvincente, il cui limite più evidente è quello di risentire, com’è naturale, dell’inesperienza di Faletti come scrittore.
La tensione narrativa, infatti, è piuttosto altalenante: a tratti si è sulle spine e non si riesce quasi a smettere di leggere – soprattutto grazie un paio di indovinatissimi colpi di scena – a tratti invece il ritmo rallenta, e si ha come l’impressione che l’autore si stia dilungando inutilmente su passaggi che non ne avrebbero alcun bisogno. Questo perché Faletti analizza gli eventi da più prospettive diverse, indagando l’animo e le ragioni private dei protagonisti in maniera particolareggiata, senza però mai perdersi, smarrendo il filo della narrazione.
La trama è ben costruita, intricata e appassionante, con gli eventi che si susseguono secondo un disegno preciso, in cui nessun dettaglio è lasciato al caso. Originale è l’idea di un serial-killer che annuncia i suoi delitti in anticipo, servendosi di una stazione radio, e insolita l’ambientazione, un principato di Monaco inedito e ambiguo, la cui magia fuori dal tempo viene ripetutamente violata da un assassino che appare anch’egli a tratti quasi soprannaturale, dotato di ubiquità e preveggenza.
A mio parere la mossa vincente – oltre a un’abile campagna pubblicitaria realizzata sfruttando il nome di uno dei comici italiani più famosi – è senza dubbio il titolo, di grande effetto, che completa alla perfezione una copertina altrettanto semplice ed efficace, rossa e nera.
Sono convinta, inoltre, che "Io uccido" possa essere diversamente apprezzato a seconda che chi lo legga sia un lettore onnivoro o prevalentemente un divoratore di thriller.
Per un appassionato, infatti, che possiede una conoscenza approfondita delle dinamiche interne e dei meccanismi che regolano questo genere letterario, "Io uccido" non costituirà alcuna novità, anzi, a tratti avrà il sapore di un qualcosa di già visto e già sentito.
È probabile inoltre che un tale lettore sia irritato dall’evidente rassomiglianza tra questo romanzo e quelli dei più famosi scrittori di thriller, soprattutto Deaver, il modello più esplicito.
Del resto non gli si può dare tutti i torti: in più punti Faletti sembra quasi scimmiottare i suoi colleghi d’oltreoceano, imbastendo un’americanata in puro stile Csi.
A sua discolpa c’è da dire che i lettori italiani sono dei gran “consumatori” di thriller e che in Italia mancava un esponente alla portata dei grandi nomi americani.
Faletti ha supplito a questa mancanza e per chi non ha mai letto gli originali made in Usa questo può costituire una vera sorpresa, facendo addirittura gridare al capolavoro.
Chi li ha letti, però, non riuscirà a prescindere da essi, giudicando "Io uccido" niente più e niente meno che un buon thriller, il cui principale merito, se così lo si vuol definire, è stato dimostrare al mondo e a noi stessi che un italiano è in grado di realizzare ottime imitazioni della narrativa americana più venduta dei giorni nostri.
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A me la trama è piaciuta molto, il fatto di ricordare i grandi nomi americani non mi ha disturbato, anzi, colpito positivamente. Il miglior libro di Faletti, secondo in gradimento (oltre che di stampa) metterei "Niente di vero tranne gli occhi".
Letto alcuni anni fa in edizione economica. In effetti è un libro che si fa bere tutto d’un fiato. Il finale, però, appare scontato, banale, deludente. Un caso editoriale, forse, montato ad arte da una campagna pubblicitaria di enorme portata. Qualcosa di già visto per altri autori sopravvalutati.