L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu
- Autore: Marisa Salabelle
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2015
Marisa Salabelle, nata a Cagliari, vive a Pistoia dove insegna in un istituto tecnico. Queste erano le poche righe scritte sulla bandella quando la scrittrice esordì, mentre ora con La scrittrice obesa (Arkadia editore, 2022) è diventata piuttosto nota, un fatto da non trascurare tenendo conto che scrive in un bellissimo italiano, in un paese dove i lettori forti purtroppo non aumentano.
E dove solo la letteratura di genere non conosce crisi né contrazioni.
La narratrice del libro mantiene fermi gli avvenimenti principali: quello che è accaduto e la storia dalla nascita di Efisia Caddozzu.
Nascita e morte, dal momento che il titolo non lascia dubbi L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme editore, 2015)
Il corpo morto di una donna viene ritrovato sulla via Bonellina, il 26 luglio 1994, da due ragazzi. Prima di chiamare i carabinieri i ragazzi notano una donna che ha addosso una gonna strettissima, le gambe grassocce, truccata alla meno peggio, con un rossetto rosso sulle labbra, messo senza discernimento. Brutta, però, e non più giovane, senza biancheria intima.
Sarà stata ammazzata il 25 luglio sera, durante la festa di San Patrizio, il patrono della città di Pistoia.
La narratrice a questo punto riporta a ritroso la storia. Nel 1950, in inverno, in una casa di Cagliari, una ragazza di ventuno anni, stava aspettando che nascesse qualcuno dopo ventiquattro ore di travaglio. Un dolore che non dimenticherà mai più.
Ai tempi non si andava in ospedale, veniva l’ostetrica, a orari regolati il dottore. Vista la situazione il dottore decise di far nascere con il forcipe.
Alla fine uscì una bambina dal colore indefinibile. Accanto alla puerpera, il marito Gavino, insegnante elementare e il suocero che era un notaio. Gavino, più della salute della figlia appena nata si preoccupava di un altro “Caddozzu”, un cognome che lo faceva ammattire (chi scrive non conosce il sardo, ma alla fine del libro c’è uno smilzo glossario e caddozzu significa “sudicione”, sporco. Per quanto uno voglia ampliare, mi sfugge lo scandalo di questo cognome, cui invece Gavino pensa sempre).
Il giornalista Saverio seguiva il caso per l’occasione fortuita di fare un articolo di cronaca, perché per la prima poteva uscire in prima pagina. Adesso Saverio si era arenato, perché erano ancora poche le persone nello stabile dove Efisia viveva, né aveva ancora visto per lavoro, coi propri occhi, una donna ancora giovane vestita in modo così volgare; ma il fascicolo giudiziario aspettava di essere archiviato.
Ma era l’estate del 1994, c’era un caldo asfissiante e voglia di fare baldoria o di partire; e il giovane giornalista, pur terrorizzato dalla chiusura delle indagini, partì.
Silvio Berlusconi era il nostro Presidente del Consiglio ancora per poco, ma, come se si fosse saputo che ci sarebbe stato Dini al posto del Cavaliere, Saverio partì per il mare, perché il pezzo di cronaca si era intanto arenato.
Nel frattempo la scrittrice tratteggia una Efisia adolescente. Ecco i capelli che lasciavano poco spazio alla fronte e poi delle sopracciglia folte, delle gambe tozze e corte, piene di peluria, mentre il petto florido, ma non esagerato, era l’unica parte del corpo che gli uomini guardavano con piacere, trascurando il volto, rovinato dagli occhiali prismatici per mettere bene a fuoco le persone.
Come se non bastasse, la madre di Efisia, era scappata con una vicina di casa di cui era innamorata da tempo; ma forse se ne sarebbe andata via comunque, perché Gavino aveva la sclerosi multipla, che sarebbe peggiorata anno dopo anno.
Nel frattempo Efisia si era iscritta alle Magistrali, per fare poi la maestra, dove mostrò una tempra e una volontà di carattere, tenendo conto che la prima supplenza la fece a Tetti, un paese dove faceva un freddo pazzesco, gli abitanti parlavano un dialetto incomprensibile. Nel frattempo Efisia, dopo una girandola di badanti trovò quella giusta, anche se il padre gridava e perlopiù lo faceva per fare impazzire le persone in casa. Ma l’ultima badante veniva da un’esperienza più o meno simile, che sapeva distinguere l’episodio vero da quello esagerato ad arte.
Stiamo parlando di un uomo che aveva insegnato a Efisia il valore dello studio, studiare sempre. Ed Efisia sapeva perché l’aveva sentito molte volte, la volontà paterna, un uomo partito come maestro elementare a direttore amministrativo.
L’unica cosa che gli era rimasta era Efisia e l’uomo ringraziava Dio di averla fatto così brutta. Così passava il tempo con lui, ma nottetempo la ragazza andava ad ascoltare quelli di “Lotta continua”, e alle magistrali aveva imparato molto, soprattutto come togliere e sbiadire con l’acqua ossigenata i baffetti sulla labbra, imparare a truccarsi solo in alcune serate. I ragazzi di Lotta continua non amavano le esagerazioni e andavano bene solo nei dibattiti, o nel sesso. Infatti Efisia e Carmine cominciarono col sesso.
Dovunque, sempre, con Efisia che scopre tutti i modi che c’erano per baciarsi e che nemmeno aveva sospettato. Ma gli uomini di qualsivoglia posto tra una ragazza bella e furba, ad un’altra che invece hanno plasmato loro, scelgono la seconda opzione. Se scrivo questa banalità è perché c’entra con il romanzo, solo come suggestione, non altro.
E in ogni caso il maresciallo Capurso, nonostante il caldo asfissiante e le ferie imminenti deve riaprire il caso. Troppe coincidenze.
Libro giallo su base indiziaria, che può diventare altro dalle confessioni o conoscenza di questi migranti, che vorrebbero un lavoro e meno pettegolezzi. Spesso lasciati senza aiuto, scoprono la bontà delle birre non troppo fredde, tanto poi le frustrazioni le portano in casa.
Con un esordio così, non ci stupisce la qualità letteraria dei libri di Marisa Salabelle. Chi sa leggere bene, può anche scrivere; ma, si sa, sono pochissimi.
L'estate che ammazzarono Efisia Caddozzu
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