L’isola è una conchiglia
- Autore: Erri De Luca
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2008
In questo librino smilzo, “L’isola è una conchiglia”, ritroviamo tutta la passione di Erri De Luca per l’isola di Capri e per le isole in generale, che presidiano il mare e sono libere dai crucci della terraferma.
Devo dire la verità: quando ero più giovanetto, Erri De Luca non mi piaceva, mi sembrava che volesse tenersi le cose per sé, ecco perché i libri erano tutti corti. Dopo averlo letto con attenzione e soprattutto l’ultimo, Storia di Irene, ho capito che odia le descrizioni fini a se stesse, che spesso ispessiscono i volumi degli altri narratori.
Tutto denso, come questo parlare di Ischia e Capri, in tre racconti legati, dove si torna all’armistizio dell’8 settembre, con la presa delle isole da parte degli alleati e Napoli ancora sotto i tedeschi e quindi città "abitata solo da donne".
Scrive del padre così:
"Aveva venticinque anni mio padre, lontano da essere padre e dal vicolo cieco di essere il mio. Aveva già vissuto due vite, così fa la guerra che mette nelle orecchie degli uomini il carillon dei colpi che cercano i corpi. Un uomo di venticinque anni era già avanzo di altri cancellati, già esperto di fortuna e di vergogna per la gioia inferocita di essere vivo".
Gli effetti secondari delle isole sono i racconti divini, Ulisse e Atena, che De Luca trasforma in abitanti dell’isola, che conoscono gli avamposti e mangiano niente: olive e fichi. Realtà o finzione? Atena non è altro, invece, che una ragazzina di quindici anni, libera dentro un camion russo, insieme ad altri, ammutoliti dalla felicità di uscire dal recinto dell’isola.
Atena non sopporta la compassione, per lei è un insulto. Guai a farle una carezza mentre raccontava, diceva che tanto nessuno capiva niente. Per noi "la mia storia è un risciacquo di sillabe".
Atena racconta a un giovane narratore la sua vicenda, sempre più reale, dove il lirismo asciutto del racconto prende il sopravvento.
"Mi piaceva l’isola dove l’acqua arrivava portata sulle spalle di Ulisse, non usciva dai rubinetti. L’ho chiamato Ulisse perché non aveva lasciato l’isola. Uscita dai campi avevo letto Omero per leggere una favola e invece ci trovavo ancora la guerra, ma diversa. Facevano la guerra per Elena, per chi dovesse abitare con la bellezza. Io volevo essere bella. Ma sei bella dice il ragazzo. Balle, la bellezza è una persecuzione delle imperfezioni e io mi ci accanisco come fa un poeta mediocre con un verso. La bellezza era Omero che narrava la bellezza. La bellezza è un effetto secondario".
Poi Atena continua e capisci che è tutto vero, come se De Luca fosse stordito dai ricordi di guerra che vuole fare arrivare a noi contemporanei, in un modo o in un altro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’isola è una conchiglia
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