L’orsacchiotto
- Autore: Georges Simenon
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2023
L’orsacchiotto (Adelphi 2023, titolo originale L’Ours en peluche, traduzione di Laura Frausin Guarino) di Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989) fu terminato di scrivere dal grande autore belga in Svizzera, a Noland nel Cantone di Vaud il 15 marzo 1960, pubblicato per la prima volta in Francia nello stesso anno presso l’editore Presses de la Cité e edito in Italia nel maggio del 1967 da Mondadori, nella Collana “Medusa” tradotto da Luisa Scandolo.
Dal libro nel 1994 venne tratto il film omonimo diretto da Jacques Deray con Alain Delon, Franco Interlenghi, Paolo Bonacelli e Francesca Dellera.
Per loro, per tutti, lui era l’uomo forte, il maschio, il professore, il confessore, il dispensatore di benessere, fisico e morale, colui che aveva il compito di offrire fiducia.
Tutti andavano a raccontare le proprie pene al Professor Jean Chabot e lui li doveva rincuorare. Celebre ginecologo alle soglie della fatidica età di cinquant’anni, Chabot, un appartamento di dodici stanze nel quartiere del Bois de Boulogne in avenue Henri-Martin, con i suoi giardini, i suoi cancelli, e gli chauffeur intenti a lustrare le limousine sul marciapiede, era apparentemente un uomo arrivato, che aveva appagato ogni sogno. Jean Chabot, una bella moglie, Christine, e tre figli, Lise, Éliane e David, aveva conseguito titoli, fama, onori, e per giunta guadagnava molti soldi, giacché comproprietario di una clinica, Clinique des Tilleus, la clinica ginecologica e ostetrica più moderna di Parigi, che vantava il maggior numero di clienti ricchi e famosi. Inoltre Chabot era anche responsabile del reparto maternità dell’ospedale di Port-Royal. A tutto ciò aggiungiamo una nuova segretaria, né bella né brutta, Viviane Dolomeu, sua ultima amante, particolarmente indispensabile, perché talmente brava e solerte da allontanare da lui qualsiasi seccatura.
Dunque di che cosa si sarebbe dovuto lamentare? Che cosa mai poteva mancargli? Eppure Chabot si sentiva stanco, infelice, dormiva poco e male nella sua cameretta ricavata da un ripostiglio, lontano e riparato da tutti e tutto. In questa vita piena di avvenimenti ma vuota di senso, dove i giorni che trascorrevano uguali erano tutti carichi di un senso di sperdimento, il suo pensiero ritornava all’ultima “seccatura” della quale la sua segretaria l’aveva sollevato. “Seccatura” in carne ed ossa, una giovanissima inserviente della clinica di origine alsaziana, che lui, il potente Chabot, aveva “preso” una notte, mentre era semi-addormentata.
Una ragazza che sembrava così innocente da far pensare a uno di quegli orsacchiotti di peluche che i bambini tengono abbracciati dormendo. Lei, L’orsacchiotto, era stata licenziata, mesi dopo Chabot, en passant, senza emozionarsi troppo, era venuto a conoscenza del suicidio di una giovane incinta di quattro o cinque mesi.
Questo fatto era forse da collegarsi a quell’uomo che gli lasciava sotto il tergicristallo della macchina, senza nascondersi dei biglietti:
“Ti ucciderò”.
Con maestria da applausi, Georges Simenon ritrae il percorso esistenziale e la tragedia di un uomo ridicolo, del quale il lettore non prova pietà, anzi. Che senso può avere la vita di Jean Chabot, considerato che gli altri, la famiglia, gli amici, quelli della clinica, della Maternità di Port-Royal, i colleghi, gli assistenti, gli allievi, vedono di lui soltanto la maschera? Una maschera che l’esimio professore non aveva scelto e con la quale non copriva il suo vero volto di proposito. Ma da questa maschera, un giorno, si apre una crepa e qualcosa di irreparabile, atteso fin dall’inizio della narrazione, accade.
Era finita.
L'orsacchiotto
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