La fioraia del Giambellino
- Autore: Rosa Teruzzi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2020
Il titolo del giornale non lascia dubbi: “Fioraia del Giambellino risolve il mistero della sposa scomparsa”. Due anni prima, la fiorista milanese Libera aveva aiutato un cliente a scoprire la verità sulla sorte della figlia, scomparsa da quasi trent’anni, e ora il talento della detective dilettante può servire a un’altra futura signora, o quasi. La fioraia del Giambellino è il secondo giallo della serie I delitti del casello (pubblicato prima da Sonzogno nel 2017, poi da Marsilio, in diverse edizioni fino a questa 2020 nella collana Universale Economica Feltrinelli, 170 pagine, 9 euro). La firma è di Rosa Teruzzi, esperta di cronaca nera, caporedattrice della trasmissione televisiva Quarto Grado di Rete 4 e mamma della della saga di Libera del Giambellino, avviata con La sposa scomparsa (sempre Sonzogno 2016, poi Marsilio).
Libera e non solo. Ci sono anche la figlia Vittoria (Viky), poliziotta e l’eccentrica madre Iole nel casello ferroviario in disuso, trasformato in casa nel quartiere milanese, con annesso laboratorio da fiorista dove la leader del terzetto è sempre più impegnata da quando una starlette del piccolo schermo ha definito “magico”, in un’intervista, il bouquet confezionato per le nozze. Le ha portato fortuna: gli ordini fioccano e ha meno tempo per pensare con nostalgia alla libreria che aveva dovuto chiudere per la crisi.
Ma non è per le parole dell’attricetta che una nubenda piomba nel laboratorio. È guidata dall’articolo dedicato dal Corriere all’ex libraia tra i fiori, presentata come “sosia di Julienne Moore” e soprattutto “fioraia detective”. Manuela chiede aiuto per cercare il padre, di cui non sa nulla, perché la mamma mantiene da quarant’anni un ostinato mutismo sull’uomo. Si limita a dire che “il bastardo” le rovinerebbe la vita. Ma la futura sposa desidera fortemente farsi accompagnare dal papà all’altare e per questo vorrebbe sapere.
Libera cerca di sottrarsi, nega di avere capacità investigative, risponde d’essere incapace di cercare chicchessia, tanto meno di trovarlo. Ma risuona nella mente la vocina che fin da ragazzina le ronza in testa ogni tanto, spingendola a comportamenti avventati opposti alla sua indole docile: “Che storia attraente!”.
Non è solo quella a spingerla verso l’indagine, è l’affinità con la ricerca della verità sulla morte del padre che la figlia conduce ostinatamente e che l’ha spinta a entrare in Polizia. Aveva solo tre anni quando Saverio è stato assassinato, nel garage di un supermercato, alle sette di sera, attirato all’appuntamento da un bigliettino scritto con grafia femminile. Anni dopo Libera l’aveva trovato per caso, senza rivelare a nessuno quel segreto. Mai e poi mai a Vittoria, che vive con la pistola sul comodino e darebbe la caccia a tutte le donne. Tanto meno a sua madre Iole, insegnante di yoga schizzata e girovaga, un’irrazionale che non esiterebbe a spiattellare la notizia su Facebook. Non a nonno Spartaco, l’unica persona saggia, in una famiglia in cui convivono, non sempre in armonia, donne di tre generazioni diverse. Nemmeno a Gabriele Ricci, dirigente dell’Ufficio Crimini Violenti della Questura, collega e amico del marito, superiore della figlia, sostegno sicuro per Libera. Ora ch’è separato dalla moglie, lei si sorprende a pensare, con tenerezza mista a un pizzico di apprensione, che la loro attrazione di sempre possa trasformarsi in qualcosa di più intimo.
Può esistere pace senza verità? Ecco che Libera decide di mettersi in azione e il romanzo entra nel vivo.
Come si vede, è un giallo coloratissimo, anche di rosa — toujour l’amour — e non solo per i fiori che la talentuosa detective di complemento confeziona con tanta ispirazione e fantasia. Di certo, è un poliziesco a secco di sangue e situazioni violente, che ama la luce del giorno non le atmosfere color pece di certi noir musoni che sembrano volersi accaparrare l’esclusiva del genere. Quelli di Rosa Teruzzi si fanno leggere a mente serena e ogni tanto col sorriso a fior di labbra, davanti alle indagini confusionarie ma tutt’altro che inefficaci di un trio di investigatrici. Sono davvero irresistibili la protagonista Libera, sempre piena di dubbi ma sostenuta dalla vocina interiore impertinente, la coriacea e professionale figlia poliziotta e una nonna senza precedenti nelle pagine di un romanzo: ex hippie tuttora figlia dei fiori e refrattaria a ogni regola e convenzione, sessualmente attiva e circondata da anziani pretendenti.
È Iole a insistere in modo martellante, come solo lei sa fare, di dare una mano a quella Manuela. Libera preferirebbe darla solo a Vicky, per spingerla alla larga da quel Belardinelli al quale la figlia sembra accompagnarsi, un pregiudicato che non va affatto a genio alla fioraia detective. È strano che una ragazza tosta ed equilibrata come Vittoria s’intrattenga con un poco di buono.
La stessa Iole prende l’iniziativa e mette il terzetto davanti al fatto compiuto, prima ancora che Libera abbia accettato l’incarico. Anche senza una parrucca per camuffarsi, solo ciglia finte questa volta, la nonna scatenata contatta i vicini di Manuela e della madre, riuscendo a sapere che quelle due si fanno fin troppo i fatti loro, non sono amate, cambiano casa ogni paio d’anni e “quell’arpia” dell’anziana vorrebbe già farlo ma non può, perché malata.
Contattata con una scusa, ha detto ch’è contraria al matrimonio della figlia, a qualsiasi matrimonio, che non andrà in chiesa né al ricevimento e che il fidanzato dovrà accollarsi per intero le spese.
Antipatica, certo, ma se si vuole venire a capo del mistero alle spalle della donna e della figlia Manuela, bisognerà mettersi sulle loro tracce, che portano anche in Brianza. Più il caso si fa intricato, più il romanzo diventa intrigante: compare l’Accalappiacani, ma da cacciatore diventa cacciato.
La fioraia del Giambellino. I delitti del casello (Vol. 2)
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