La musica è finita. Quello che resta della canzone d’autore
- Autore: Mario Bonanno
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
“La musica è finita. Quello che resta della canzone d’autore” (Stampa alternativa, 2015) di Mario Bonanno è un libro che raccoglie oltre venticinque anni (1988-2013) degli scritti dell’autore sui cantautori.
“Si tratta di profili, commenti, coccodrilli, interviste, saggi brevi, disseminati nel tempo per periodici, libri e giornali, attraverso i quali ho cercato di raccontare il fenomeno del cantautorato italiano e le sue ricadute sul sociale”.
Il saggio è diviso in tre sezioni: incontri, storie e temi, estrapolati da una ventina di libri scritti sui cantautori italiani per lo più dallo stesso autore che ascolta e scrive di canzone d’autore da una vita, perché, come spiega lui stesso, nella prefazione è
“quanto di più prossimo alla prosa e alla poesia si sia mai visto”.
Nella prima parte sono raccolti gli incontri-interviste che Mario Bonanno ha avuto con alcuni dei più grandi cantautori italiani: Franco Battiato, simbolo del sapere spirituale; Angelo Branduardi, evocatore d’immagini; Massimo Bubola, cantautore impegnato; Mario Castelnuovo, cantore della povera gente; Edoardo De Angelis, cantautore ermetico; Mimmo Locasciullo, testimone del suo tempo; Claudio Lolli, poeta della storia; Enrico Ruggeri, artista libero e contrario al Sistema; Roberto Vecchioni, esistenzialista della canzone. Il leitmotiv delle interviste è mettere in luce la canzone impegnata, di contenuto, senza però a tutti i costi etichettarla come canzone di protesta. Mario Bonanno vuole porre l’accento che non crede, come Guccini, che “a canzoni si fan rivoluzioni” ma che con l’avvento della canzone d’autore, con Luigi Tenco 1962, si cantano "sul serio cose serie".
La seconda sezione “storie” è dedicata alla genesi di alcune delle più belle canzoni della storia del cantautorato italiano: le canzoni di Enzo Jannacci, genio compreso della musica italiana, nascono da “una caleidoscopica girandola di tic, guizzi, scarti, smozzichii, onomatopee, digressioni, pause, dissonanze”; quelle di Francesco De Gregori, invece, sono imperniate soprattutto sulla scrittura mai sfacciata, esibita ma profondamente poetica; sognatore, verista, feroce e surreale; Rino Gaetano scrive
“ballate semplici e testi infarciti d’ironia con un’alchimia tra denuncia sociale, autobiografia e ricerca lessicale”
Guccini poi racconta misfatti in una dialettica di opposti (spirituale/razionale); asciutta, antiretorica, di strada è la canzone d’autore di Antonello Venditti; focalizzata sull’individuo, le sue contraddizioni, inadeguatezze, afasie, assenza d’ideali e idiosincrasie quella di Giorgio Gaber; “mitologia dell’anima” la canzone d’autore di Paolo Conte; dissacrante quella di Ivan Graziani; coerente ed evocativa quella di Pierangelo Bertoli. Infine Stefano Rosso narra della quotidianità delle piccole cose e Ivan Fossati di concettuali, post-moderni. Le storie e i temi s’intrecciano: anarchismo, antimilitarismo, inesorabile trascorrere del tempo, male e bene, ricordi, contestazioni, terrorismo tutti raccolti in quella musica ribelle,
“assunta a manifesto artistico ideologico dell’universo giovanile più impegnato”
Amarcord di un tempo in cui le parole
“dentro ai dischi contavano, suonavano, cantavano a dovere. Ed erano fosforo, sale e vino della terra”
il saggio di Mario Bonanno con lucidità storica ci riporta in un’Italia di diverse scuole cantautorali, di cui le più note sono quella genovese, romana, napoletana, bolognese e milanese e di cui noi, che apparteniamo alla stessa generazione dell’autore, custodiamo il ricordo.
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