Il cantautore delle domande consuete
- Autore: Mario Bonanno
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
"Francesco Guccini le (sue) parole le ha fatte soprattutto cantare&suonare, ma anche senza la musica sarebbe stato lo stesso. Ché le parole in rima gucciniane cantano-suonano-ballano da sole".
La storia di Francesco Guccini raccontata attraverso la sua discografia, le tappe più importanti della sua vita e le cronoannotazioni (i fatti salienti accaduti in Italia, il film, il libro e il programma televisivo cult dell’anno), tutto raccolto in sole cento pagine: "Il cantautore delle domande consuete", titolo di una delle sue canzoni più note, titolo di questo volumetto (usiamo il diminutivo solo perché si tratta di un libretto agevole) edito Aereostella. L’autore Mario Bonanno ci fa conoscere e amar ancor di più Francesco Guccini, “punto di riferimento inalienabile per la canzone d’autore italiana e la canzone tout court”.
Musicista, scrittore, cantautore e attore italiano, Guccini debutta nel 1967 con il suo primo 33 giri “Folk Beat N.1” in cui erano presenti alcune pietre miliari del suo repertorio, “Auschwitz e Noi non ci saremo”. Di quel periodo molti della mia generazione ricordano solo di averlo visto nelle schegge amarcord che passano ogni tanto in televisione, precisamente nel programma “Diamoci Del Tu”, condotto da Giorgio Gaber e Caterina Caselli. Nel 1969 in pieno fermento “rivoluzionario di quest’epoca” esce “Due anni dopo”. Entrambi gli album sono analizzati da Bonanno come prototipi di una produzione futura che ha le sue radici in musica nel folk americano e in filosofia nell’esistenzialismo. Caratteristiche che contrassegneranno il cantautore per tutta la vita: le sue sono ballate che parlano di “cose serie” e che scandagliano “il complicato mestiere di vivere”. Gli anni Settanta per Guccini sono una prolifera produzione di album tutti sotto l’etichetta EMI. “Via Paolo Fabbri 43” (1976) è il primo 33 giri che Bonanno ha comprato e che definisce "un totem, un feticcio, il classico esempio di ballata di contenuto che mette le ali”. Questi sono gli anni che l’hanno reso più famoso, Guccini può piacere o non, ma canzoni come “L’isola non trovata, La locomotiva, L’Avvelenata, Canzone quasi d’amore, Eskimo e Dio è morto”, definita da Paolo VI “lodevole esempio di esortazione alla pace”, hanno fatto storia.
Il mio primo incontro con Guccini è stato invece attraverso “Album concerto (1979)”, “caposaldo di tutti i live made in Italy”. Sono entrata a far parte definitivamente del grande popolo dei gucciniani assistendo in Piazza Maggiore al grande concerto dell’estate 1984 e comprando subito dopo il doppio lp "Fra la via Emilia e il West", "con dentro tutti (e dico tutti) i classici gucciniani prodotti sin lì".
Gli anni Ottanta per Guccini trascorrono tra silenzi "meditabondi" e "canzoni d’autore di contenuto con senso assoluto, nel suo sinolo inalienabile di materia e forma, musica e parole" che raggiunge la perfezione in "Madame Bovary" (1983).
La produzione degli anni Novanta secondo Bonanno si muove da vicende individuali e approda, "ancora una volta, all’universalità della condizione umana" e "a dispetto del luogo comune che liquida Guccini come un cantautore da "due accordi e via" sul piano musicale spazia dal valzer al blues, dal tango alla chacharena, dalla folk song alla canzone di protesta e a quella francese".
Negli anni 2000 la sua produzione discografica continua l’esplorazione a "questa cosa che chiamiamo vita" e avendolo visto dal vivo a Catania nel 2000 e a Taormina nel 2008 non possiamo che essere d’accordo con Bonanno, interprete perfetto della personalità artistica di Francesco Guccini:
"i suoi concerti sono così, sempre gli stessi, canavacci collaudati, riti immutabili: apre "Canzone per un’amica" chiude "La Locomotiva", e in mezzo una sequela di evergreen vecchie e nuove, pescate nel mucchio ed eseguite ormai col pilota automatico. Dimenticavo il catalogo variegato di motti di spirito tra una canzone, una bevuta e l’altra, questo sì aggiornato all’attualità".
Ma è proprio questo che ci piace del "Maestrone".
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