La targa
- Autore: Andrea Camilleri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2011
Quale groviglio può nascondersi dietro l’intitolazione di una strada? A narrarlo è Andrea Camilleri ne “La targa”, uscito il 30 giugno del 2011 in allegato al “Corriere della Sera - Sette”, collana “Inediti d’autore”.
Un racconto vivacemente fantasioso che, con il gusto del divertimento e l’acume graffiante di uno sguardo allenato a cogliere il grottesco, smaschera apparenze per fare affiorare la verità. Vigata e i vigatesi sono un pretesto perché vengano mostrate le tante storie racchiuse nella vita d’un uomo, la cui effettiva identità resta imprendibile.
“Alla toponomastica”, avverte il risvolto di copertina, “compete il vezzo di battezzare strade e piazze, affibbiando nomi d’illustri e meritevoli ai luoghi del nostro vivere comune. E appunto l’intitolazione di una via a un fascistissimo don, vittima di un diffamatore e sovversivo, parrebbe ordinaria amministrazione per una comunità in camicia nera…”.
Invece, la questione non ha un andamento lineare. Offrendo molti spunti di riflessione, la storia ha dell’incredibile: pressappochismo sottratto a un minimo di pensiero razionale, appetiti sessuali, vendette, ignoranza, insabbiamento di fatti che potrebbero risultare scandalosi, nonché compromessi e accomodamenti sono l’espressione di un costume duro a morire. Il centenario don Emanuele Persico ha in paese una sua precisa identità: “Nel milli e novecento e vintidù, a sittant’anni passati, era stato squadrista arraggiato, col manganello e l’oglio di ricino, e si era fatto la marcia su Roma”. Ora, invece, ed è la sera dell’11 giugno 1940, “assomigliava cchiù a uno scheletro camminante”. A seguito di una serie di circostanze che animano la vita del Circolo, egli lì muore per un colpo apoplettico e subito dopo viene considerato martire fascista, vittima della provocazione di un antifascista. Esilarante la discussione del consiglio comunale in merito alla proposta di intitolargli una strada! Una pubblica manifestazione l’atto finale:
“La targa, con la scritta “Via Emanuele Persico – caduto per la causa fascista”, che era cummigliata dalla bannera tricolori, vinni scummigliata dalla vedova…”.
A lei, donna venticinquenne piacente e insaziabile, si decide, di conseguenza, di fare assegnare la pensione. Senonché, una lettera fornisce la prova testimoniale di un’identità altra del personaggio. Perché indirizzata al dottore Aletto? L’indagine privata da costui promossa viene svolta in nome della verità o per scopi perversi? L’ideazione di una strategia anonima, messa in atto con l’intento di conferire all’accaduto l’efficacia della credibilità, consentirà ai vigatesi di essere informati sul Persico, già socialista estremista che aveva ucciso a colpi di pistola un fascista. Il federale non può a questo punto sottrarsi a immediati provvedimenti: far cambiare la targa stradale e revocare la pensione accordata alla vedova. Lo sviluppo degli accertamenti porterà ad un epilogo che ha dell’incredibile.
Da garibaldino prima, al più vile dei picciotti dopo, l’identità di Emanuele Persico si rivela sempre più inconsistente: uno, nessuno, centomila. Una storia di scambi, di “maschere nude”, dunque, che piace per la scioltezza comunicativa e la rappresentazione di un contesto secondo ottiche strettamente pirandelliane.
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