Le parole del Papa
- Autore: Alessandro Barbero
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2016
Come tutte le cose di questo mondo, mutano anche le parole dei Papi ed un inevitabile, progressivo cambiamento si è avuto a partire dal Medioevo sino ai nostri giorni, “da Gregorio VII a Papa Francesco”, come recita il sottotitolo dell’ultimo libro di Alessandro Barbero, “Le parole del Papa”, con la sua pregevole e scorrevole scrittura.
La Chiesa nel corso dei secoli ha prodotto fiumi di parole ed ogni percorso diretto ad analizzarne i contenuti è sempre soggettivo, uno dei tanti possibili. Tra questi vi è quello che vede i Pontefici nel Medioevo abbarbicati alla loro autorità proveniente direttamente da Dio che li ha posti sulla terra non solo per predicare il Vangelo in Terra ma per comandare in questo mondo. Se i Papi negli anni Trenta avessero adoperato il suddetto linguaggio contro Hitler e Mussolini con i quali furono invece stipulati dei successivi “Concordati”, sarebbe forse cambiata la Storia del mondo.
Ma solamente i Papi nel Medioevo adoperano espressioni di notevole veemenza e durezza e dopo la Riforma muta lo scenario mondiale sia a livello religioso che politico; la Chiesa si ritrova sempre più isolata rispetto alla modernità. Il suo linguaggio diventa inadeguato di fronte alle nuove istanze e alle nuove idee.
Da quel momento si manifesta il libero pensiero, la libertà di stampa, la libertà di coscienza, tematiche di fronte alle quali la Chiesa del Seicento e del Settecento resta inorridita. Ma con l’andare del tempo, nel Novecento viene assunto un nuovo atteggiamento, non più improntato al comando, almeno non ufficialmente, e rinasce la capacità di parlare delle cose del mondo senza atteggiamenti di condanna e di protesta. Si riscopre la capacità di dare delle indicazioni e di adoperare espressioni sino ad allora mai usati quali lotta di classe, sciopero, proletariato.
La massima espressione di questo mutamento di rotta si ha con Papa Giovanni XXIII e l’enciclica “Pacem in Terris” del 1963. In questo documento straordinario si parla oltre che di pace anche di diritti ed in particolare quelli umani, delle donne e dei profughi, tematiche di stretta attualità. Una accelerazione si poi con la grande enciclica di Paolo VI, dopo la conclusione del Concilio Vaticano II, la “Populorum Progressio” pubblicata il 26 marzo 1967. In questa celebre enciclica, la Chiesa rinnova il messaggio di Papa Giovanni XXIII e si pone come autentica guida spirituale per i tempi attuali. Il linguaggio dell’attuale pontefice è improntato al corpo, come nel caso delle scarpe consunte, non quelle rosse del suo predecessore, gli occhiali usuali, la Mitra e la Casula sempre uguali nelle varie funzioni. In certo qual modo questo linguaggio del corpo ha sostituito gli affreschi che per coloro che non sapevano leggere, nelle Chiese raffiguravano il messaggio di Cristo. Si segue il messaggio rivoluzionario degli anni Sessanta, con l’abbandono definitivo di quella simbologia come la portantina, gli armigeri, il Triregno adoperato fino a papa Pio XII. Sull’effetto comunicativo degli affreschi medioevali bisogna aggiungere che oltre le immagini, venivano poste delle didascalie. Le parole contavano sempre, come si suol dire, sono e rimangono importanti. In Papa Francesco, risalta l’irritualità assoluta del linguaggio, come il pollice alzato in segno di intesa ed ancora più il pugno chiuso contro chi offende la propria madre.
“Fate chiasso, fate casino, smuovete la Chiesa”
in quello spagnolo argentino (“Hacer Lio”) è un’espressione forte usata da Papa Francesco in più circostanze. Ed in questo caso, più dei gesti, sono di grande e potente effetto le sue parole.
Le parole del papa. Da Gregorio VII a Francesco
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